giovedì 31 ottobre 2013

ITALIA ANALFABETA

di Gianni Lannes
Tullio De Mauro, nato a Torre Annunziata il 31 marzo del 1932, è uno dei maggiori linguisti europei, nonché esponente tra i più illustri della cultura italiana. Il professor De Mauro, fratello del giornalista Mauro De Mauro, assassinato in Sicilia nel settembre del 1970 per aver scoperto il golpe Borghese e le modalità di eliminazione di Enrico Mattei, ha condotto un'importante ricerca sul campo:  "Sete di informazione  e analfabetismo di ritorno". 

Secondo l'accademico della Crusca soltanto il 20 per cento degli italiani è in grado di orientarsi nella vita della società contemporanea.

L'analfabetismo di ritorno non è una piaga d'Egitto, bensì dell'Italia contemporanea che magari sfoggia la tecnologia commerciale all'ultima effimera moda, ma poi non sa leggere e scrivere addirittura nella propria lingua madre.

Tra l'altro, in Europa, attualmente, italiane ed italiani sono i meno acculturati, quelli che in media leggono e studiano meno. E gli effetti si vedono e si sentono nella vita quotidiana.



Poi ci sono gli analfabeti funzionali, quelli che il linguista Tullio De Mauro, in un suo pregevole e puntuale studio ha indicato in soggetti che pur laureati tornano ignoranti.
La premessa spiega le distorsioni nella percezione della lingua scritta, che ho analizzato a proposito dei sismi indotti dalle attività belliche degli Stati Uniti d'America in mezzo mondo, Italia compresa.

Forse il nodo cruciale è che in Italia l'opinione pubblica non esiste. Affiora ogni tanto soltanto un chiacchiericcio, nulla più. L'agenda dei temi di interesse generale è dettata dal sistema di potere dominante.

La politica, poi, è ormai soltanto il perseguimento di interessi personali, non la realizzazione del bene comune e così prevalgono i gretti egoismi ed affiora il razzismo. L'Italia non ha una classe dirigente in qualsiasi ambito. E i nuovi analfabeti - numerosi siedono attualmente in Parlamento e al Governo, pur vantando qualche titolo di laurea - aumentano sempre più. Il sistema dominante ha deciso così per non correre il rischio di essere destabilizzato. Infatti, la conoscenza rende liberi.





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