martedì 19 novembre 2013

Sardegna nell’occhio del ciclone

La Sardegna nell’occhio del ciclone:
1. auto ad urina,
2. auto ad aria compressa,
3. e zona franca integrale

Usare l’urina per riempire un serbatoio di un’auto, un camion o una barca? Un sogno non troppo distante dalla realtà. Una soluzione alternativa per risparmiare sui carburanti arriva dal progetto di energia autoprodotta dall’urina. L’idea rivoluzionaria é stata presentata ad Alghero in occasione di un convegno-mostra di Legambiente sulle innovazioni verdi. L’ultima nata contro il caro benzina, già sperimentata in varie parti del mondo, è stata perfezionata e resa fruibile da Franco Lisci, la cui azienda fa parte del polo produttivo La Casa Verde CO2.0. Col suo progetto ha creato una variante che permette concretamente di ridurre e non di poco l’uso dei costosissimi e inquinanti idrocarburi sfruttando l’urina che da scarto diventa risorsa, sostanza fondamentale per attivare il processo di elettrolisi per produrre energia.
L'urina è combustibile per le auto del futuro

L’imprenditore di Gonnosfanadiga (Medio Campidano) ha ideato e realizzato due differenti tipologie di motori normati a legge e alimentati dall’urina. Uno serve per i mezzi di trasporto, l’altro per usi domestici: accendere la luce, il computer, cucinare, usare gli elettrodomestici o altri impianti che vanno a corrente. Con questo prodotto ha superato alcuni dei problemi tecnici che ne avevano limitato la diffusione. Uno dei tanti è stato risolto, ad esempio, con l’ impiego di un filtro specifico in 100% pura lana di pecora sarda, prodotto da Edilana. Le sue proprietà impediscono la formazione di condensa, sono disinquinanti e rendono possibile l’utilizzo senza danneggiare il motore.

“Si tratta di una energia ricavata da se stessi, pulita, senza impiego di petrolchimici, biomasse, senza produrre gas di alcun tipo e considerate le minime dimensioni dell’impianto, senza consumo di suolo – spiega Franco Lisci -. L’energia prodotta dall’impianto a urina è adatta non solo per i consumi domestici ma anche per i motori di automobili, camion e barche che potrebbero usare il 100% di urina pura al posto della benzina e di altri carburanti. Tuttavia per lo Stato italiano questo uso è illegale, mentre è consentito l’uso di additivi. Abbiamo quindi realizzato dei trasformatori che consentono di usare nel motore delle automobili l’urina come additivo”.
generatore a urina
I risultati, a detta di Lisci, sono più che incoraggianti. “Su un’auto a benzina c’è un risparmio del 35%, su un’auto a gasolio del 60%, su auto a gas dell’80%. Un’imbarcazione o un peschereccio possono così risparmiare fino al 65% di gasolio”, chiarisce l’ideatore. E questo ciclo produttivo sostenibile non produce scarti. “Alla fine del processo l’urina si trasforma in acqua di pozzo, acqua ricca di sostanze utili a nutrire la
terra”, sottolinea Daniela Ducato, coordinatrice di Casa Verde C02.0. E si può utilizzare anche l’urina animale. “Uso l’urina di capre e pecore per alimentare il motore in fase di predisposizione – conferma Monica Saba, allevatrice di Arbus – e produrre con energia pulita i miei formaggi e cioccolatini al latte di capra, azzerando così la CO2″.

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Auto ad aria compressa sarà prodotta in Sardegna

di: Elenca CiccarelloPubblicato il 02 ottobre 2013| Ora 12:22
AirPod, ideato dall’ingegnere francese Cyril Guy Nègre, promette di percorrere 100 km con un euro ed emissioni zero.
 
Il veicolo, ideato dall’ingegnere francese Cyril Guy Nègre, si chiama AirPod e promette di percorrere 100 km con un euro ed emissioni zero.Ingrandisci la foto
Il veicolo, ideato dall’ingegnere francese Cyril Guy Nègre, si chiama AirPod e promette di percorrere 100 km con un euro ed emissioni zero.
ROMA (WSI) – Sarà prodotta in Sardegna, e precisamente a Bolotana (Nuoro), l’auto ad aria compressa ideata dall’ingegnere francese Cyril Guy Nègre. Si chiama AirPod e promette di percorrere 100 km con un euro ed emissioni zero. La produrrà per la prima volta in Europa un consorzio di imprenditori sardi, riuniti sotto l’insegna Air Mobility Consortium, che hanno acquistato la licenza dalla MDI, la compagnia fondata da Nègre con sede in Lussemburgo. Stando alle prime dichiarazioni la produzione impiegherà inizialmente circa 30 operai.
L’auto, definita dai suoi costruttori come lasoluzione ecologica alla crisi, per i suoi ridottissimi consumi, è stata presentata al salone di Ginevra nel 2009. E’ un’auto leggerissima, costruita attorno ad un telaio in fibra di vetro, che si ricarica in pochi minuti (a differenza delle ore necessarie per una macchina elettrica) e si guida con un joystick. Ha emissioni molto limitate o pari a zero e una velocità massima di 80 Km/h. Prezzi contenuti (tra i 6mila e i 7mila euro) e un’autonomia di 120 km in modalità mono energy, ossia solo con aria compressa, e di 300 km con il motore dual energy, ossia con il riscaldamento dell’aria. 
A Cagliari l’hanno vista per la prima volta nel 2012, in anteprima nazionale, con la partecipazione del presidente di Confindustria Sardegna Alberto Scanu e di Piergiorgio Massida, presidente dell’autorità portuale di Cagliari ed ex senatore Pdl, che sono tra i sostenitori dell’iniziativa industriale.
La storia della AirPod arriva da lontano ed è costellata da grandi entusiasmi come da clamorosi flop. Guy Nègre ha iniziato a parlare di auto ad aria compressa già negli anni Novanta, ma la produzione di modelli da mettere in commercio, più volte annunciata, è stata più volte rimandata. C’è un precedente. Nel 2001 Nègre presentò al Motorshow di Bologna “Eolo”, una vettura ad aria compressa che prometteva di rivoluzionare la circolazione cittadina ma che, nonostante gli entusiasmi e i primi investimenti industriali, non venne mai prodotta. 
La tecnologia ad aria compressa presenta infatti diversi problemi, come la creazione di ghiaccio all’interno del motore, conseguenza dell’acqua contenuta nell’aria. E altri sono legati alla sicurezza, alla resa e al confort complessivo. Eppure l’idea resta interessante, al punto che nel 2007 il colosso Tata Motor ha comprato dalla MDI l’esclusiva per l’utilizzo di questa tecnologia in India. L’ingegnere adesso ci riprova, in Europa, a partire dalla Sardegna.
Il contenuto di questo articolo, pubblicato da Il Fatto Quotidiano - che ringraziamo – esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

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Fonte: http://sovranidade.org/?p=4352

ZONA FRANCA INTEGRALE: Autonomia fiscale della Sardegna, un diritto che va preteso.

Pubblicato il 10 novembre 2013 da sovranidade
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La Sardegna ha compiuto il suo primo passo ufficiale verso il riconoscimento del proprio territorio come zona franca integrale, come Livigno e Campione d’Italia. Il Consiglio regionale ha infatti approvato, il 6 novembre, la proposta di legge istitutiva dell’autonomia fiscale che modifica due articoli dello Statuto dell’isola. Nella legge si chiede al parlamento di varare il provvedimento di legge costituzionale che istituisce la zona franca nell’isola, assoggettandola alle norme dell’Unione europea, alle leggi dello Stato italiano e alle norme che si applicano ai territori extradoganali. Ora il provvedimento deve essere approvato dalla Camera e dal Senato. Nella legge è stata inserita anche la possibilità per la Sardegna di disporre di agevolazioni, esenzioni e detrazioni d’imposta, anche modificando o azzerando le aliquote, ed è stato approvato un emendamento che dispone che la Regione possa accertare e riscuotere i tributi iva, irpef e accise dopo un’intesa con lo Stato. La tappa finale di questo percorso sarà l’applicazione a tutta l’isola della zona franca integrale, cioè la possibilità di esser riconosciuta come territorio escluso dalla linea doganale per quanto riguarda la legislazione fiscale e doganale, con l’abolizione quindi di iva, accise e dazi
L’autonomia fiscale è diventata l’unica speranza di sopravvivenza di un’isola che è allo stremo, con un’economia messa in ginocchio dalla chiusura delle grande industrie e dai continui licenziamenti, con una perdita totale di oltre 75 mila posti di lavoro. In Sardegna il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 16,4%, uno dei dati più alti degli ultimi dieci anni e si assiste a una dispersione scolastica del 25,5 nel 2012 (era del 21,8 nel 2007), di ben 12 punti superiore alla media europea. Manca la prospettiva di un futuro, e i giovani scappano all’estero o “in continente”, cioè nella penisola, appena possono. Per un’isola che ha solo 1.637.846 abitanti (Istat 2012) questa fuga rappresenta la prossima desertificazione.
“Noi abbiamo un primato unico al mondo, negativo: su un territorio così grande come è la Sardegna siamo soltanto un milione e seicentomila persone. Cioè siamo l’equivalente di un quartiere di Roma, di Napoli. Abbiamo la densità demografica più bassa al mondo. Una densità così bassa esiste solo al Polo sud, al Polo nord e all’Equatore – spiega ai giornalisti (video integrale su www.sardegnanotizie.org) Maria Rosaria Randaccio,fiscalista e infaticabile rappresentante e portavoce del Comitato promotore della Zona Franca – E siamo così pochi perché non ci hanno dato quello che ci spetta: il diritto a vivere, possiamo solo sopravvivere con le “elemosine”, la cassa integrazione, gli aiuti di stato, gli aiuti della comunità europea, ma dobbiamo essere sempre servi di qualcuno. Noi dobbiamo sempre tendere la mano. Invece con la zona franca non chiederemo più l’elemosina, rivendichiamo i nostri diritti a esistere, ed essere imprenditori di noi stessi, con quelle esenzioni fiscali che spettano nel mondo, in Europa, in Italia, alle zone franche. Come noi rispettiamo le leggi anche lo stato rispetti i nostri diritti che ci vedono essere zona franca da 64 anni”.  
Il diritto a essere zona franca è infatti già presente nell’articolo 12 dello Statuto della Regione Autonoma Sardegna e non necessita di alcuna modifica. È anche riconosciuto dall’Unione europea che prevede anche i casi nei quali la zona franca debba essere concessa. “Nelle norme comunitarie – spiega la leader del comitato, che insieme a Francesco Scifo è consulente tecnica per il progetto- si dice che bisogna concedere le zone franche come compensazione ai problemi che ha quel territorio e l’Unione europea individua anche quali sono questi disagi che bisogna compensare. Nel nostro caso questi disagi sono: essere un’isola, essere un’isola ultra periferica, essere un’isola spopolata, avere un problema grave di disoccupazione. Questo lo diceva già la Comunità economica europea all’articolo 92 del trattato di Roma e lo dice tuttora l’Unione europea nel Trattato di Lisbona. Cioè l’Ue riconosce già alle popolazioni che vivono in territori disagiati come la Sardegna il diritto ad avere zone franche. Viviamo in un’economia globalizzata, dobbiamo essere competititivi e produrre dei prodotti che costino di meno. Ma non potremo mai produrre qualcosa che costi di meno rispetto a qualunque altra parte del mondo. Il nostro prodotto costerà sempre di più, perché dobbiamo aggiungere al costo del prodotto i costi del trasporto e le due giornate di lavoro che noi perdiamo di viaggio per andare a vendere quel prodotto. Sono costi tali che noi siamo destinati a scomparire”.
Tutta la Sardegna e tutta l’Italia dovrebbero essere unite in questa battaglia perché, grazie alla sua collocazione strategica nel Mediterraneo, la Sardegna potrebbe diventare la zona franca dell’Italia. Con un fisco vantaggioso sarebbero molte le aziende che invece di delocalizzare all’estero resterebbero in Italia, creando lavoro e risollevando l’economia del Paese. In tutto il mondo le zone franche costituiscono un motore trainante delle rispettive nazioni. 
Ma sono in tanti a remare contro e gettare acqua sul fuoco di questo progetto, in primo luogo i rappresentanti del Partito Democratico, preoccupati, dicono loro, dei costi che questo passaggio potrebbe avere per gli isolani. Non a caso la legge è passata sì in Consiglio regionale, ma non con il consenso generale, incassando i voti favorevoli della maggioranza (41 sì) e l’astensione delle opposizioni (26). “Questa zona franca non esisterà mai perché non potrà essere approvata dal parlamento italiano – ha sentenziato in Consiglio regionale il fondatore di Tiscali, Renato Soru (Pd) – Le cose che sono scritte sulla legge servono solamente a fare un po’ di propaganda elettorale nei prossimi mesi, quindi non porteranno a niente. Anch’io mi iscrivo tra quelli favorevoli alla zona franca, ma non a tutte le zone franche, e non a questa zona franca. Qui si sta cercando di portare avanti un’idea di zona franca che può piacere a tanta gente, ma che non sta in piedi, e cioè un’idea di zona franca che dovranno pagare gli altri, come accade a Livigno e a Campione. La zona franca la dovranno pagare i sardi, sia per le minori entrate in Sardegna, sia per le minori entrate per lo Stato”. 
Efisio Arbau del Movimento La Base in Consiglio regionale ha sostenuto che “La legge è un mostro in tre parti. Due parti applicabili, sulle quali c’è l’accordo con il governo: taglio delle tasse dell’articolo 10 di competenza regionale e riscossione sempre regionale. E uno messo là solo per fare gazzosa: la Sardegna fuori dalla linea doganale, ma senza accordo per metterlo al voto in parlamento e quindi chiedere la modifica del codice doganale europeo. La mia astensione e quella dell’opposizione è stato il segno di un lavoro condiviso per due terzi e per rispetto dei comitati che sono stati presi in giro come il sottoscritto. In sintesi: la zona franca immediata non si farà ed io mi sento sconfitto”. 
Il Comitato e i sostenitori della zona franca hanno tirato infatti un sospiro di sollievo quando è stato approvato un emendamento all’articolo 1, comma 2, della proposta di legge nazionale n.22, che evitava una modifica dell’articolo 12 dello Statuto regionale, nel quale già si sanciva la futura istituzione dei “punti franchi”, di fatto l’extradoganalità per il codice doganale precedente e attuale. “Abbiamo scampato un pericolo, ma io mi auguro che questo sia accaduto in buona fede. Io non voglio credere che abbiamo eletto dei sardi che non vogliono il bene della Sardegna. Io credo che tutto si basi su un equivoco – dice Randaccio sul rischio di modifica dell’articolo 12 dello Statuto- Perché non si conosce che cosa dicono il vecchio e il nuovo codice doganale. Il codice doganale del 1940 diceva che le zone franche, i punti franchi, i depositi franchi sono extradoganali. Anche l’articolo 2 del dpr 43 del 1973, attuale codice doganale, dice che le zone franche, i punti franchi, i depositi franchi sono extradoganali”. Quindi c’è già tutto, perché apportare cambiamenti e chiedere modifiche che rischiano di cancellare questo diritto? 
“A noi sardi non è mai interessato ottenere la modifica dell’articolo 12 del nostro statuto – spiega Randaccio – in quanto abbiamo sempre ritenuto che eventuali modifiche del testo storico, se apportate ad arte o in modo maldestro, come stava per accadere, avrebbero potuto inficiare il diritto del popolo sardo alla zona franca integrale, compresa la zona franca al consumo, estesa non solo alla zona franca dei porti ma all’intera isola. Se fosse passata la modifica dell’articolo 12 del nostro Statuto presentata in consiglio regionale dall’opposizione, e se malauguratamente il parlamento italiano l’avesse fatta propria, possiamo garantire con estrema certezza che il nostro diritto alla zona franca l’avremmo perduto per sempre o quanto meno per altri 64 anni”.
“Noi – aggiunge – abbiamo la legge comunitaria sulle zone franche che regola tutti gli istituti franchi in Europa. E questa legge dice che qualunque nome si dia loro, per zone franche si intendono vasti territori comprensivi di città e villaggi dove gli abitanti non pagano né dazi doganali né iva, né accise”. 
Sono già 283 su 377 i Comuni sardi che hanno deliberato a favore della zona franca, tra i quali Cagliari, Olbia e Sassari, e che ora si stanno organizzando per emanare le norme gestionali e operative. Già da subito quindi, secondo la fiscalista, i commercialisti possono applicare le disposizioni Ue che regolano le zone franche dell’Europa recepite nel dpr n.633/72 ed emettere fatture “non soggette ad imposta” iva, secondo le regole stabilite anche nell’ultima Legge di stabilità. Nei Comuni che sono zona franca in luogo dell’iva si applicano i “diritti speciali”, applicati con aliquote dallo Stato sulle varie merci, che costituiranno maggiori entrate nelle casse comunali per l’offerta di più servizi ai cittadini. 
Quello che noi pensiamo è che la zona franca deve essere estesa all’intera isola. Il parlamento deve prendere atto di questo diritto, mai fatto valere in 64 anni. Ma i sardi devono essere uniti e compatti in questa occasione, ne va della loro stessa sopravvivenza. Non è questo il momento delle divisioni.
O la zona integrale verrà concessa o i sardi se la prenderanno in ogni caso, perché è già nello Statuto. 

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