KIEV – Secondo gli ultimi dati durante gli scontri tra manifestanti che protestano contro il governo, e polizia sono morti almeno 20 persone. I media locali comunicano che tra le vittime del conflitto c’è un giornalista che lavorava presso l’edizione Vesti .Il reporter è stato trascinato dal taxi, picchiato e sparato a bruciapelo. Si dà la responsabilità a Titushky, gruppo informale di estremisti paramilitari.
Inoltre a Kiev sono stati uccisi due poliziotti e 21 agenti di polizia feriti sono stati ricoverati in ospedale, ha comunicato il rappresentante del Ministero degli Interni.
In piazza Maidan, in centro a Kiev, capitale dell’Ucraina, la protesta non si placa, anzi la situazione ha raggiunto un nuovo livello. I manifestanti durante i mesi di rivolta si sono trasformati in veri e propri miliziani. La situazione potrebbe mutare da un’ora all’altra.
Vi proponiamo ora la testimonianza di Eliseo Bertolasi, ricercatore associato dell’Istituto di Alti Studi in Geopolitica e redattore della rivista “Geopolitica”, che direttamente da Kiev ci presenta il quadro della situazione.
-Dottor Bertolasi, lei è già stato in piazza Maidan nel mese di dicembre. La protesta continua. Dall’ultima volta ha osservato dei cambiamenti in Piazza e tra i manifestanti?
- Sì, dall’ultima volta ho notato dei cambiamenti significativi. Innanzitutto un avanzamento del perimetro delle barricate, che intorno alla piazza rappresentano ormai una specie di linea difensiva arretrata. Ne sono, infatti, sorte delle altre in posizione più avanzata, come ad esempio quelle su via Grushevskogo, teatro dei duri scontri con la polizia qualche settimana fa.
Osservo che, anche i manifestanti sono più organizzati, quando parlo di manifestanti non intendo le migliaia di persone che di domenica arrivano in piazza per sostenere la protesta, ma intendo coloro che in piazza, ormai, ci vivono stabilmente da dicembre.
È un dato inconfutabile che da semplici manifestanti si sono ormai trasformati in una specie di chiamiamoli “miliziani”: vestono mimetiche tedesche o Nato, spesso indossano bufetteria militare, portano caschi elmetti, sono armati di mazze, manganelli, in mano tengano dei veri e prori scudi metallici. Si muovono ordinati, presidiano i varchi alle barricate e agli ingressi di alcune baracche all’interno della piazza, dove, ad esempio, non è consentita l’entrata a tutti.
Ecco! Suppore che tutta questa organizzazione sia frutto di una semplice autogesione mi sembra vermante impossibile. Ci sono camion e frugoni che costantemente escono ed entrano nel perimetro protetto dalle barricate. Nella piazza sono state accumulate tonnellate di legname che viene bruciato sui fuochi ma anche utilizzato per rinforzare le baracche e le barricate.
Sorge, quindi, legittima questa domanda: ma chi sta pagando e organizzando tutto questo supporto logistico? È impossibile non scorgere, quanto meno, una regia e una organizzazione alle spalle. Ho molte perplessità sulla buona fede di chi continua a parlare di spontanea e pacifica protesta.
-Con chi ha parlato in Piazza Maidan? Qual è l’umore dei manifestanti?
- In piazza Maidan come al solito mi soffermo e faccio interviste. Cercando di tracciare un denominatore comune dalle interviste posso affermare il seguente: in primo luogo appare il supporto alla possibilità di un’integrazione all’Unione Europea, fatto dimostrato dalle sempre numerosissime bandiere dell’Europa presenti in piazza.
In secondo luogo il desiderio di veder cadere il presidente Yanukovich, che, ricordo, ha regolarmene vinto le elezioni. Lui però viene costantemente descritto come un nuovo dittatore. Ho visto foto con Yanukovich dietro le sbarre rappresentato con i baffi alla Hitler. Strana questa foto in una piazza dove si agitano movimenti ultra radicali di estrema destra!
Ho visto anche preti della chiesa autocefala ucraina benedire la rivolta. Questa è un’altra grande incongruenza, perché, come ben sappiamo, la protesta aspira all’Unione Europea, mentre al contario l’Unione Europea ha rifiutato di inscrivere nel suo atto costitutivo le sue radici cristiane!
-Lei è stato anche nelle zone orientali del Paese, cosa ne pensa di questa situazione la popolazione di queste regioni?
- Sono stato nella regione di Donetsk. Là, la vita scorre assolutamente normale, tutti sono impegnati dal loro lavoro, dalla loro routine quotidiana, anche se, la gente non nasconde un certo timore che si possa arrivare, prima o poi, ad una divisione del Paese.
Ho anche intervistato il governatore della provincia di Donetsk Andrej Shishazki. Persona veramente molto cordiale che mi ha espresso una posizione molto equilibrata e assolutamente corrispondente alle scelte del governo. Lui, infatti, auspica una pacifica risoluzione della crisi attraverso una negoziazione con i manifestanti, escludendo però le frange più estreme.
LA VOCE DELLA RUSSIA
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