venerdì 18 ottobre 2013

Sud a rischio povertà e desertificazione industriale. Disoccupazione reale al 28%

Un Mezzogiorno a rischio desertificazione industriale, dove i consumi non crescono da cinque anni, si continua a emigrare al Centro-Nord, la disoccupazione reale supera il 28%, crescono le tasse e si tagliano le spese, ma una famiglia su sette guadagna meno di mille euro al mese, e in un caso su quattro il rischio povertà resta anche con due stipendi in casa. E' la fotografia che emerge dal Rapporto Svimez sull'economia del Mezzogiorno 2012 presentato a Roma.
In base a valutazioni Svimez nel 2012 il Pil è calato nel Mezzogiorno del 3,2%, oltre un punto percentuale in più del Centro-Nord, pure negativo (-2,1%). Dal 2007 al 2012, il Pil del Mezzogiorno è crollato del 10%, quasi il doppio del Centro-Nord (-5,8%). Pur essendo le regioni italiane tutte negative, la forbice oscilla tra il risultato della Sicilia (-4,3%) e quello di Lazio e Lombardia (-1,7%).
Nel Mezzogiorno si registrano cadute più contenute in Campania e Molise (-2,1%), seguono Puglia e Calabria (rispettivamente -3 e -2,9%), Abruzzo (-3,6%) e Sardegna (-3,5%). In coda la Basilicata (-4,2%) e la Sicilia (-4,3%).
Secondo la Svimez occorre rilanciare una visione strategica di medio-lungo periodo, che veda nella riqualificazione urbana, energie rinnovabili, sviluppo delle aree interne, infrastrutture e logistica i principali drivers dello sviluppo.


DISOCCUPAZIONE - Nel 2012 il tasso di disoccupazione registrato ufficialmente è stato del 17% al Sud e dell'8% al Centro-Nord. Il tasso di disoccupazione ufficiale rileva però una realtà in parte alterata. La zona grigia del mercato del lavoro continua ad ampliarsi per effetto in particolare dei disoccupati impliciti, di coloro cioè che non hanno effettuato azioni di ricerca nei sei mesi precedenti l'indagine. Considerando questa componente, il tasso di disoccupazione effettivo nel Centro-Nord sfiorerebbe la soglia del 12% (ufficiale: 8%) e al Sud passerebbe dal 17% al 28,4% (era stimato al 22,4% nel 2008).

Nel 2013 si dovrebbe verificare una ulteriore perdita di posti di lavoro -2% al Sud, -1,2% al Centro-Nord, che porterebbero, se confermate, in cinque anni, dal 2008 al 2013, a 560mila posti di lavoro persi nel Sud (pari al 9% dello stock) e nel Centro-Nord a 960mila posti persi, pari al 5,5% dell'occupazione totale.

55% NEET AL SUD - Dei 3 milioni 337mila Neet registrati nel 2012, 2 milioni sono donne e 1 milione e 850mila si trovano al Sud. Anche se nel 2012 il 55% dei Neet italiani è al Sud, dal 2007 al 2012 nel Centro-Nord i Neet sono cresciuti del 38,5%, cinque volte più del Sud (7%). Inoltre fra gli inattivi al Sud i diplomati sono il 33,7% e i laureati il 27,3%. Dall'indagine si evince anche che peggiora il processo di transizione scuola-lavoro: i giovani residenti al Centro-Nord lasciano la scuola un anno dopo i loro coetanei meridionali, ma entrano nel mercato del lavoro sei anni prima di loro. In relazione ai tipi di contratto, la flessibilità sembra funzionare più per trovare posti di lavoro precari e poco formativi piuttosto che favorire il recupero del gap esperienziale.

IN 20 ANNI 2,7 MLN DI EMIGRANTI DAL SUD - Negli ultimi venti anni sono emigrati dal Sud circa 2,7 milioni di persone. Nel 2011 si sono trasferiti dal Mezzogiorno al Centro-Nord circa 114mila abitanti. Riguardo alla provenienza, in testa per partenze si colloca la Campania, con una partenza su tre (36.400); 23.900 provengono dalla Sicilia, 19.900 dalla Puglia, 14,200 dalla Calabria. In direzione opposta, da Nord a Sud, circa 61mila persone, che rientrano nei luoghi d'origine, soprattutto Campania (16mila), Sicilia (15mila) e Puglia (10mila). La regione più attrattiva per il Mezzogiorno resta la Lombardia, che ha accolto nel 2011 in media quasi un migrante su quattro, seguita dal Lazio. Nel 2011 i cittadini italiani trasferiti per l'estero sono stati circa 50mila, 10mila in più rispetto al 2010, in decisa crescita rispetto a dieci anni fa, quando erano 34mila. Ma a emigrare all'estero non sono i meridionali: solo il 30%, di cui circa uno su tre è laureato. Gli italiani si sono diretti soprattutto in Germania, oltre uno su quattro (26,6%), in Svizzera (12,8%) e Gran Bretagna (9,5%).

REDDITI - La diversa distribuzione dei redditi fra Nord e Sud fa emergere come mai nel Mezzogiorno si concentrano le sacche di povertà più grandi. Nel 2012 il 14% delle famiglie meridionali guadagna meno di mille euro al mese, quasi tre volte più del Centro-Nord (5%), in particolare il 12,8% delle famiglie calabresi, il 15% delle campane, il 16,7% delle lucane e il 19,7% delle siciliane. Ad aggravare la povertà delle famiglie concorrono sia la disoccupazione che il numero dei familiari a carico. Quasi il 50% delle famiglie meridionali è infatti monoreddito, con punte del 58% in Sicilia, e il 15% (con punte del 18,5% in Basilicata) ha un disoccupato in casa, il doppio del Centro-Nord (8%). Ma al Sud i problemi non si limitano alle famiglie monoreddito; anche se lavorano due persone in famiglia, nel Mezzogiorno il rischio povertà interessa ben il 23% delle famiglie, quattro volte di più del Centro-Nord (6,5%). In valori assoluti, nel 2012, 790mila famiglie meridionali sono a rischio di povertà assoluta.

CRISI - La recessione non si arresta nel 2013. La stima è aggiornata a settembre 2013. Secondo Svimez, infatti, nel 2013 il Pil italiano dovrebbe calare dell'1,8%, quale risultato del -1,6% del Centro-Nord e del -2,5% del Sud. A causare la contrazione dell'attività produttiva il forte calo dei consumi (stimato in -2,9% al Centro-Nord, che diventa -4,4% al Sud) e il crollo degli investimenti, -11,5%, a fronte di un calo nazionale del -6,7%. Giù anche il reddito disponibile, -2% al Sud, -1,3% al Centro-Nord, una contrazione preoccupante, poiché si verifica da due anni consecutivi. In un panorama fortemente negativo, "tengono" le esportazioni: nel 2013, a fronte della stazionarietà del Centro-Nord (0%), il Sud segnerebbe -0,1%. Nel 2014, invece, secondo stime Svimez il Pil nazionale è previsto a +0,7%, invertendo la tendenza recessiva dell'anno precedente. In questo contesto il Pil del Centro-Nord dovrebbe trainare l'inversione di tendenza con +0,9%, mentre quello del Mezzogiorno resterebbe inchiodato allo 0,1%.


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