di Giuseppe Corsentino
No, non è vero che un misurino di Dash smacchia come un misurino e mezzo del principale concorrente. Non è vero, si più dire: il 18 settembre l’Agcm, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, quella guidata da un fine giurista palermitano come il professor Giovanni Pitruzzella, ha condannato il colosso americano Procter&Gamble che lo produce (negli stabilimenti di Pomezia) a sospendere la pubblicità con il comico Fabio De Luigi e la madre e a pagare una multa di 100mila euro (peanuts, certo,a fronte di un fatturato globale di 158 miliardi di euro e, in ogni caso, con la possibilità di ricorrere al Tar del Lazio). Un misurino di Dash, da prove di laboratorio fatte all’Institut Fresenius SGS di Dortmund, lava esattamente come un misurino del “principale concorrente”, il Dixan della tedesca Henkel (16,5 miliardi di euro di vendite). La quale, stamattina, si prende la sua bella rivincita pubblicando una raffica di pagine pubblicitarie sui grandi quotidiani per avvertire i consumatori che quello spot con il comico e la sua mamma è “pubblicità ingannevole” e che il suo Dixan (che lotta testa a testa con la marca americana per un mercato, quello del laundry-homecare, dai margini sempre più risicati) “garantisce la qualità di sempre, un pulito brillante. Anche senza esagerare”.
Messaggio, quest’ultimo, inserito apposta per rispondere (anche se i lettori-consumatori non lo sanno) all’argomento-principe usato dalla P&G per difendersi davanti al relatore dell’Agcm, Salvatore Rebecchini: obiettivo-concept della campagna, scrivono gli avvocati della multinazionale di Cincinnati, non era affatto denigrare il “principale concorrente”, ma piuttosto “veicolare ai consumatori il messaggio di un corretto utilizzo del prodotto” (testuale). E questo perché “il consumatore italiano tende costantemente a iperdosare il detersivo liquido come, invece, consiglia il produttore del detersivo di riferimento” (cioè lo stesso Dash). Come a dire che i consumatori italiani, anche in questi tempi magrissimi di risparmi, sono degli idioti e che i buoni direttori marketing della P&G hanno messo in campo (anzi “on air”) una campagna Pubblicità Progresso sul consumo consapevole dei detergenti. L’Agcm, ovviamente, non ci ha creduto e non ci crede neanche uno dei sociologi più attenti alle dinamiche del mercato e dei consumi come Domenico De Masi, rintracciato da Affari Italiani a Rio De Janiero, dov’è impegnato in un ciclo di conferenze. Anzi la (relativamente) piccola vicenda lo fa sorridere amaro.
“E’ il segnale – dice – di una crisi pesante del mercato. Se una multinazionale come P&G, che nel suo pay off scrive “Touching lives, improving life” e che in Italia incentra il suo messaggio sulle mamme (ha lanciato un vero Manifesto delle mamme italiane sul sito di Dash), arriva al punto di farsi beccare così, di impapocchiare un po’ sull’efficacia di un suo prodotto molto popolare e conosciuto (il Dash arriva in Italia nel 1966 per sostituire il Tide), vuol dire che la competizione s’è fatta spietata, che i margini si sono talmente compressi che si può correre pure il rischio di mentire un po’, tanto non se ne accorge nessuno”.
Insomma, multinazionali molto all’italiana, anzi molto meridionali – direbbe qualcuno, su al Nord – nei comportamenti e nelle azioni commerciali.
Si ricordi che io sono meridionale, orgogliosamente meridionale. Il cattivo esempio arriva dall’America, da Cincinnati, Ohio, sede della grandissima P&G, non da Pomezia, dove viene prodotto il Dash, o da Napoli.
Si ricordi che io sono meridionale, orgogliosamente meridionale. Il cattivo esempio arriva dall’America, da Cincinnati, Ohio, sede della grandissima P&G, non da Pomezia, dove viene prodotto il Dash, o da Napoli.
Questo episodio segnala la fine della pubblicità comparativa?
Nient’affatto. Il caso Dash-Dixan, che sembra riassumere in qualche modo due stili commerciali e di marketing, quello americano, tutto promesse e psicologia e quello tedesco, tutto risultati e comunicazione di prodotto (Excellence is our passion è il pay off di Henkel mentre il suo Dixan si presenta con un didascalico “Scopri il pulito brillante di Dixan”), dimostra solo che la comparativa funziona solo se si parla il linguaggio della verità, se si offrono al consumatore dati concreti e cifre precise e verificabili. Come hanno cominciato a fare i gestori telefonici, per esempio.
Nient’affatto. Il caso Dash-Dixan, che sembra riassumere in qualche modo due stili commerciali e di marketing, quello americano, tutto promesse e psicologia e quello tedesco, tutto risultati e comunicazione di prodotto (Excellence is our passion è il pay off di Henkel mentre il suo Dixan si presenta con un didascalico “Scopri il pulito brillante di Dixan”), dimostra solo che la comparativa funziona solo se si parla il linguaggio della verità, se si offrono al consumatore dati concreti e cifre precise e verificabili. Come hanno cominciato a fare i gestori telefonici, per esempio.
Anche se decifrare le tariffe, leggere certe tabelle e individuare la tariffa più conveniente richiede competenze matematiche non proprio comuni tra i consumatori.
Sono d’accordo, ma qui siamo di fronte ad un (relativamente piccolo) imbroglio. Una multinazionale americana che dice, genericamente e senza alcuna prova scientifica, che il suo detersivo lava meglio del concorrente. Mi stupisco solo che manager attentissimi come sono di solito gli americani abbiano sottovalutato la reazione “teutonica” dei concorrenti della Henkel.
Sono d’accordo, ma qui siamo di fronte ad un (relativamente piccolo) imbroglio. Una multinazionale americana che dice, genericamente e senza alcuna prova scientifica, che il suo detersivo lava meglio del concorrente. Mi stupisco solo che manager attentissimi come sono di solito gli americani abbiano sottovalutato la reazione “teutonica” dei concorrenti della Henkel.
Forse si sono fatti contagiare da un certo stile italiano: proviamoci e vediamo di farla franca.
Può essere. Anche la loro difesa davanti alle prove tecniche e alle contestazioni dell’Agcm suona molto italiana: l’abbiamo fatto per insegnare ai consumatori a risparmiare detersivo, a indurre quindi comportamenti sociali commendevoli (perché il detersivo, si sa, inquina). Ma chi ci crede?
Può essere. Anche la loro difesa davanti alle prove tecniche e alle contestazioni dell’Agcm suona molto italiana: l’abbiamo fatto per insegnare ai consumatori a risparmiare detersivo, a indurre quindi comportamenti sociali commendevoli (perché il detersivo, si sa, inquina). Ma chi ci crede?
Una variazione sul tema “chiagne e fotte”. No, professor De Masi?
Diciamo che l’ambiente economico, il contesto, può giocare brutti scherzi.
Diciamo che l’ambiente economico, il contesto, può giocare brutti scherzi.
Fonte: affaritaliani.it
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