n cinque anni, tra il primo gennaio 1996 e il 31 dicembre 2000, Emilio Casali, pensionatodi Riccione, aveva percepito unasomma più alta del dovuto. Un centesimo. Sì, un solo centesimo che ora, a distanza di 13 anni, l’Inps rivuole indietro. Concedendo al pensionato ottantacinquenne, ex commerciante, addirittura di rateizzarlo.
“Non volevo credere ai miei occhi” ha commentato l’uomo. “Non riuscivo a capire, mi sembrava assurdo. Per un attimo ho pensato che ci fosse dietro dell’altro”. Il ‘debito’ va saldato entro il 14 novembre, ma entro trenta giorni dal ricevimento della lettera, ossia dal 15 ottobre, il pensionato può recarsi all’Inps, come riporta la comunicazione, “per verificare la possibilità di rateizzare il rimborso”. A Casali viene offerta anche l’opportunità di “impugnare il provvedimento”: per farlo “potrà presentare un ricorso esclusivamente online entro 90 giorni dalla comunicazione”.
In cinque anni, chiariscono nella lettera, a Casali “sono state corrisposte quote di pensione non spettanti, in quanto l’ammontare dei redditi personali è superiore ai limiti previsti dalla legge”. Un solo centesimo in più. Un errore imperdonabile di cui l’Inps si è accorto a distanza di più di 10 anni.
“Al momento non paghiamo, stiamo a vedere cosa succederà dopo la scadenza del 14 novembre. Poi decideremo il da farsi, magari sceglieremo di rateizzare l’importo. Se incorriamo negli interessi di mora vedremo come faranno a calcolarli” ha dichiarato il figlio dell’uomo, Claudio Casali. “Quello che è successo a mio padre è un’assurdità. Mi chiedo se l’Italia può essere considerato un Paese con un futuro se spende 5 euro per la raccomandata, più i soldi della carta e quelli per l’impostazione della pratica che ha impegnato i dipendenti. Euro che si aggiungono a quelli che spenderemo noi per recarci in posta e per pagare le tasse del bollettino. Tutto questo per incassare un centesimo.
Per assurdo se l’Inps volesse proprio incassare questa poderosa cifra avrebbe potuto farlo trattenendola dall’erogazione della stessa pensione”.
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