domenica 23 febbraio 2014

Un uomo chiamato Cavagnano

Giornata di esperienze interessanti, quella di ieri. Cominciata con sensazioni forti, assaggiate presso la sede centrale di Equitalia a Roma, Italia.
Ero prontissimo ad affrontare il nemico, a carpire tutti i segreti dell’annunciato condono in scadenza 28 febbraio, obiettivo il taglio di tutti gli interessi di mora accumulati, su multe e sanzioni non pagate per i motivi più vari, in un’intera vita di contribuente. Di 28 ce n’è uno, perciò mi sono presentato al mio sportello  carico come una molla, letteralmente blindato,. armato fino ai denti di documenti preventivi richiesti on line, un robusto fardello di carta diligentemente stampato, la storia completa di un uomo e dei suoi peccati di pigrizia, distrazione, ignavia, qualche volta anche meschinità.

Un uomo chiamato Cavagnano.  
Già, perché al mostro più odiato dagli italiani il mio nome risulta questo. E sì che al primo tentativo di richiesta on line dei documenti che mi avrebbero poi illuminato prima dello showdown, la sfida dello sportello, avevo fallito.
Avevo trascurato di inviare copia scansionata del mio documento di identità, poi regolarmente trasmesso in seconda battuta. A quel punto il via libera era scattato, e il blocco della documentazione da me richiesta era giunto regolarmente a destinazione, sul mio computer. Una massa di multe pagate, non pagate, riferite ad almeno tre auto diverse, a partire dagli anni novanta, ma tutte raggruppate in ordinate cartelle. Cavagnano1 , Cavagnano2, 3, 4.
Chiamandomi io Giorgio CavagnaRo, come dimostra la firma di quest’articolo, un vago sentore di inquietudine, quasi di sfiducia, mi pervadeva in quelle due ore di attesa nell’enorme stanzone dei dannati in attesa di giudizio.
Ma non tutto il male viene per nuocere. Durante la lunga attesa ho fatto incontri interessanti, illuminanti perfino. C’era un gruppetto di signori che discuteva (non ad altissimo livello, per carità) di patrimoniale, di stipendi dei parlamentari, di pensioni irraggiungibili come oasi baluginanti nel tremolio di una beffarda Fata Morgana nel deserto più deserto.
Con gli altri dannati, ci si è accordati sul fatto che gli sprechi sono evidenti, come e più delle relative, oscene responsabilità politiche. Che gli stipendi dei manager incapaci e corrotti sono talmente fuori dalla grazia di Dio che non vale la pena di parlarne, come della malignità del diavolo.
Ma anche che 2,1 miliardi di euro di evasione fiscale, contestate ad una sola persona, la signora erede del costruttore Armellini, per la mancata denuncia all’erario di 1243 immobili di proprietà, costituiscono una massa di liquidità potenziale in grado di raddoppiare il PIL di una nazione intera, magari non di prima fascia, diciamo di serie C.
Davanti a ciò la discussione si è arenata, ma c’è stato chi ha avuto la forza di dichiarare che, nonostante tutto, all’Italia non mancherebbe nulla per diventare forte e ricca come e più di tanti celebrati partner europei. Perché di ciò che conta non ci manca nulla: inventiva, storia, clima paradisiaco, una Grande Bellezza da curare meglio e da offrire a visitatori paganti ed entusiasti di esserlo. Il dannato tenacemente ottimista ha finito per dichiarare che questo paese, se riparte, può ripartire forte e non fermarsi più.
Discorsi da fila allo sportello, certo. Ma più benèfici per il cuore e per l’umore collettivo, così importante in questo momento, dell’articolo di Barbara Spinelli, oggi, su Repubblica. Dove una grande firma, una professionista certamente molto, ma molto più economicamente al sicuro dei dannati di Equitalia, piange sul dissipamento dell’eredità della sinistra, angosciata dalle modalità irrituali di innesco di quella che è, palesemente, l’ultima occasione di ripartenza non della sinistra, della quale al popolo reale interessa poco, ma dell’Italia intera.
Insomma. Arrivato allo sportello, dopo un lungo momento di sconcerto per la doppia, impossibile identità che si stava squadernando davanti agli occhi di sua Maestà la Burocrazia, mi è stato detto di prendere il mio sudato fardello di carte e buttarlo pari pari nel cestino, perché le informazioni ivi contenute erano fuorvianti e gli addetti stessi non sarebbero stati in grado di interpretarle. In compenso la mia interlocutrice dedicata, una simpatica signorina, ha estratto a sorpresa un plico assi più snello contenente le mie informazioni chiare ed aggiornate. Cavagnaro o Cavagnano che fossi, il condono per me era un flop, risparmio modestissimo. Molto meglio una rateizzazione, piuttosto ragionevole ed abbordabile, devo riconoscerlo, per un dannato di Equitalia consapevole che una chance, forse, c’è ancora. E che se si riparte, magari si riparte anche forte, a patto che la sinistra non sappia cosa fa la destra.
E viceversa.
fonte: http://www.lindro.it/economia/2014-02-19/119211-un-uomo-chiamato-cavagnano

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