giovedì 7 novembre 2013

Fra Caimanizzazione e emigrazione: la lenta e inesorabile agonia dell’Italia che affonda

di Nicola Bizzi

L'Italia-che-affonda-LARGE2

Le pagine dei giornali sono oggi piene di varie amenità, dalla blindatura parlamentare del Ministro Cancellieri, salvata in modo “bipartisan” da PD e PDL, fino agli aggiornamenti giudiziari di Amanda Knox e Raffaele Sollecito per la vicenda della morte della studentessa inglese Meredith Kercher. Ha fatto meno rumore, invece, la notizia di una recentissima presa di posizione del Ministro Flavio Zanonato contro la pericolosissima pratica del fracking, l’estrazione di gas di scisto mediante la fatturazione idraulica e la devastazione del sottosuolo e l’inquinamento delle falde acquifere con l’immissione nelle cavità della terra di un numero impressionante di sostanze tossiche e nocive. Pratica già purtroppo applicata da tempo anche nel nostro Paese e che, mentre oltreoceano sta dando agli Americani l’illusione di un’autonomia energetica, qui da noi è stata additata da autorevoli ricercatori ed esperti come probabile causa del devastante terremoto che ha colpito l’Emilia e la bassa Lombardia e dell’inquietante fenomeno correlato della “liquefazione” del suolo.

L’assoluzione con formula piena di Antonio Bassolino per la vicenda dei rifiuti ci lascia invece sgomenti e non può non farci riflettere sulle dichiarazioni del boss pentito Carmine Schiavone, proprio ieri riproposte del programma televisivo Le Iene attraverso una lunga e sconvolgente intervista. Schiavone ha infatti ricostruito tutte le trame e le complicità per lo “smaltimento” clandestino in varie zone della Campania di un’impressionante quantità di rifiuti tossici e fanghi radioattivi, questi ultimi provenienti da centrali nucleari di Germania, Austria e Svizzera.
Mentre Il Sole – 24 Ore propone un inserto speciale sulla questione Equitalia, il mostro tentacolare che sta contribuendo alla distruzione del ceto medio e all’impoverimento degli Italiani, l’amico Marco Della Luna, con l’uscita del suo ultimo libro “I Signori della Catastrofe”, ci offre un’inquietante analisi del quadro economico-politico, denunciando la progressiva finanziarizzazione della nostra economia e parlandoci di “caimanizzazione”.
Il motivo della finanziarizzazione dell’economia, come osserva Marco, è molto semplice: estrarre ricchezza dalla società in cambio di simboli (e manipolando il mercato dei simboli) è molto più facile e rapido che guadagnarla in cambio di beni, lavoro e servizi reali. Per farlo, però, bisogna imporre alla società la dipendenza da quei simboli, e costruirsi il monopolio legale della loro produzione, quindi finanzia rizzare anche la politica e l’ordinamento normativo degli stati.
La causa più grave e profonda di instabilità finanziaria e bancaria, nonché di molte crisi di mercato e recessioni economiche, è il fatto che la realtà economica più importante di tutte, implicata nella cosiddetta creazione di mezzi monetari, non è rilevata dagli attuali principi contabili, e resta quindi, nell’universo finanziario, una sorta di “materia oscura”, che esiste, è presente, esercita una forza “gravitazionale”, ma non viene visualizzata, non se ne tiene conto, non la si nomina nemmeno.
Questa realtà economica sono i flussi di potere d’acquisto dalla società alla banca come creatrice di mezzi monetari, cioè il valore che “si unisce” ai simboli, ai pezzi di carta e ai bit elettronici – privi di valore proprio – in cui consistono i suddetti mezzi monetari e valori finanziari spendibili. Si unisce, entra (per così dire) nei mezzi monetari, in quanto la società, il mercato, li accettano, danno loro ipso facto il valore che poi hanno e che il sistema bancario, raccogliendolo dalla società senza produrlo, presta indietro alla società stessa e se lo fa pagare come capitale e interesse.
Un valore costituente un quid economico positivo che le banche raccolgono creando simboli, e che quindi, se la contabilità fosse redatta secondo realtà, verrebbe registrato nel conto dei profitti e delle perdite come ricevo, e andrebbe a capitalizzare le banche, rendendole più forti. Ma andrebbe anche a controbilanciare l’enorme indebitamento globale; e, non ultimo, costituendo reddito, darebbe un forte gettito fiscale, idoneo a estinguere i debiti pubblici degli stati.
Marco Della Luna, in questo suo nuovo lavoro di cui consiglio a tutti la lettura, denuncia chiaramente come viene perpetrata l’applicazione alla nostra società quello che lui chiama il Modello Cayman:
“La recente scoperta di 32.000 miliardi di Dollari imboscati in paradisi fiscali, in primis le Isole Cayman, con l’aiuto di primarie e autorevoli banche, tra cui la Deutsche Bank – scandalo noto come Offshore Leaks – è solo la  punta dell’iceberg in un mondo con circa 1,4 milioni di miliardi di debito e circa altrettanti di titoli spazzatura, però aiuta a capire concretamente come gira, per l’Europa soprattutto, il sistema economico-finanziario globale in vigore nel mondo e in che modo esso genera la  depressione economica in cui versiamo. Non è difficile! Vorrei qui solo aggiungere un ricordo:  di quando andavo, nel 2006 e 2007, in televisione, a Canale Italia, assieme all’Ing. Argo  Fedrigo, che esibiva uno statement di una banca delle Isole Cayman, da cui risultavano conti correnti della Banca d’Italia e di altre primarie banche. Fedrigo invitava la magistratura ad indagare, mettendosi a disposizione. Nessuno lo chiamò, a quanto mi consta”.
L’applicazione del Modello Cayman, come rileva Della Luna, avviene indisturbata con le modalità che seguono. Abbiamo, in sostanza, una élite globale formata da grossi gruppi bancari e da  multinazionali che toglie larghe quote di reddito e di patrimonio dall’economia reale, dal sistema bancario e dai ceti produttivi medi e medio-bassi (quelli che non scappano al fisco):

-  le toglie, le porta in paradisi fiscali e le colloca in investimenti finanziari improduttivi (speculazione, arbitraggio, rendite);

-  in tal modo non paga le tasse e manda in crisi i conti pubblici e il welfare, facendo salire la pressione fiscale a carico del resto della popolazione, in base alla dottrina economica del rigore; gli Stati non possono redistribuire le ricchezze sottratte al loro controllo giuridico;

-  decapitalizza le banche, le manda in crisi e incarica i governi e le istituzioni monetarie di salvarle sia coi soldi pubblici, indebitandosi ancora di più e rifacendosi fiscalmente sui cittadini con ulteriori inasprimenti fiscali; sia prendendo i soldi dai depositanti (Cipro);

- aumenta a dismisura i poteri di delibera (cioè di disposizione del denaro) in capo ai vertici delle banche e delle grandi società, sopprimendo i controlli incrociati, in modo che per un amministratore delegato sia possibile svuotare le casse trasferendo miliardi con un click; le banche centrali, controllate da questi stessi soggetti, lasciano fare. In tal modo i soldi depositati nelle banche non sono più sicuri;

- lascia l’economia reale, produttiva, a corto di liquidità, cagionando recessione, disoccupazione, crollo della domanda (quindi la cosiddetta “crisi da sovrapproduzione”, ondate di suicidi;

- interferisce con i mercati dell’economia reale, rendendoli inefficienti nel prevenire e nel risolvere le crisi e nell’organizzare investimenti, occupazione, produzione, consumi;

- speculando manipolativamente in derivati sui commerci internazionali, grazie anche ai cartelli monopolistici che ha costruito, distorce i prezzi e vanifica i benefici che verrebbero dai vantaggi comparati (nel senso di D. Ricardo) ai Paesi implicati nei detti commerci;

- dai conti più o meno segreti, off-shore e non, lancia manipolazioni rialziste o ribassiste di titoli e commodities di tutti i tipi, e lucra sugli sbalzi, sull’alternarsi di corse all’acquisto e alla svendita di titoli; determina così distruzione di risparmi e altresì rincari, soprattutto di materie prime e prodotti energetici;

- dapprima ha, con tali mezzi, messo in crisi i debiti pubblici europei, facendone impennare i rendimenti; poi ha politicamente costretto i governi a pagare questi rendimenti (e a fare il bail-out delle banche svuotate da manager truffatori) con soldi pubblici spremuti con apposite tasse pesantissime e recessive; così ha guadagnato circa il 75% sui titoli pubblici dei Paesi eurodeboli;

- per agevolare i banchieri in questi profitti e nei profitti da interesse sui prestiti, la B.C.E. presta loro denaro all’1%, poi 0,75%, da ultimo allo 0,50%, mentre essi possono prestarlo alla loro clientela a tassi fino al 23%, a ciò autorizzati da istituzioni pubbliche di cui essi tirano i fili;

- ora, finiti i soldi pubblici e quelli delle tasse, essi vanno a prendere anche quelli dei risparmi, facendo passare (via G20, Commissione Europea, B.C.E. e banche centrali nazionali) il principio del bail-in, come è accaduto a Cipro (dove i primi 2 miliardi di Euro di aiuti europei sono già andati ad arricchire gli investitori stranieri), in base al quale se una banca va in crisi la si risanerà a spese dei suoi creditori. In tal modo gli azionisti perderanno le azioni o perlomeno i dividendi, gli obbligazionisti subiranno la conversione forzata delle obbligazioni in azioni, e i risparmiatori perderanno parte dei loro depositi;

- così, attraverso i suoi burattini politici e istituzionali, la comunità della grande finanza scarica sulle nazioni i danni causati dalle sue truffe;

- inoltre lascia agli Stati le responsabilità politiche e sociali, ma li condanna all’impotenza e all’indebitamento, che impedisce loro di uscire dalla spirale recessiva (avvitamento fiscale), soprattutto quelli che rinunciano al diritto di stampare moneta, a meno che non riescano a prendere le risorse finanziarie e naturali di altri Paesi;

- sfrutta le emergenze che esso stesso crea per far passare, dapprima in via di deroga, poi strutturalmente, tagli di redditi, pensioni, servizi, ma anche lesioni di diritti fondamentali e garantiti persino dalla Carta Europea dei Diritti dell’Uomo, come quelli a tutela della privacy e dei depositi bancari (ancora l’esempio di Cipro), e come quelli inerenti alla sovranità nazionale e ai poteri dei parlamenti nazionali, che trasferisce a organismi finanziari autocratici;

- dai conti segreti off-shore, avvalendosi del segreto bancario di cui godono diversi operatori internazionali, sovvenziona dove serve per avere le leggi e i governi che le fanno gioco, e per dirigere l’industria della pubblica informazione;

- insegna, dalle facoltà di economia, dagli istituti di ricerca che sovvenziona, e attraverso i mass media, che i mali dell’economia devono essere curati con la virtù del bilancio, cioè tirando la cinghia. In tal modo svia l’attenzione dalle vere cause dei problemi.

Questo che abbiamo adesso enunciato in grandi linee è il modello economico vigente. Esso produce le “crisi” e le recessioni, dalle quali non vi è uscita finché esso rimane in funzione. Il problema è che tale modello è strenuamente difeso dall’Unione Europea, dalla Banca Centrale Europea, dal Fondo Monetario Internazionale e da altri gruppi di potere – veri e propri poteri forti sovranazionali e transnazionali – che agiscono esclusivamente nell’interesse dei loro beneficiari, a dispetto dei mali che tale modello arreca alla popolazione degli Stati che ne vengono coinvolti.
Alla elaborazione, alla costruzione e all’attuazione di questo modello, dagli anni ’70 in poi, hanno concorso, con l’approvazione una serie mirata di trattati internazionali e di riforme normative, consapevolmente o inconsapevolmente, liberamente o forzatamente, per calcolo utilitario o per una visione superiore, uomini come Beniamino Andreatta, Carlo Azeglio Ciampi, Tommaso Padoa-Schioppa, Romano Prodi, Giuliano Amato, Pierluigi Bersani, Mario Monti, Giorgio Napolitano.
Se, a livello internazionale, questa linea è stata adottata e intrapresa nel Regno Unito da Margaret Thatcher, in ambito europeo dalle istituzioni comunitarie tutte, e negli Stati Uniti dalle amministrazioni di Ronald Reagan, George Bush, Bill Clinton e George W. Bush, dobbiamo riscontrare che nel nostro Paese essa ha avuto come principali alfieri gli uomini e i governi di centro-sinistra che si sono succeduti nei ruoli chiave del potere della cosiddetta Seconda Repubblica del dopo Tangentopoli. Tanto che le responsabilità in questo gioco della sinistra italiana sono state denunciate e ben messe in evidenza anche da studiosi e osservatori internazionali come Boris Yousef che ha apertamente parlato di un “patto col diavolo” stretto fra i dirigenti del P.C.I.-P.D.S. alla vigilia di Tangentopoli. Secondo l’analisi di Yousef, la generazione dei nuovi quadri del vecchio partito comunista, in crisi di identità politica e ideologica sulla scia della caduta del Muro di Berlino, pur di garantirsi un futuro politico e il tanto agognato controllo del Governo del Paese, non avrebbero infatti esitato a venire a patti con quello che, visto con ottica marxista, avrebbe dovuto rappresentare di fatto ai loro occhi il loro più mortale nemico: la grande finanza internazionale. E l’aspetto più clamoroso di questa operazione, come rileva sempre Boris Yousef, non è stato tanto il fatto che essi l’abbiano pensata e realizzata, ma il fatto che siano riusciti a farla accettare e metabolizzare al proprio elettorato!
Nessuna giustificazione possiamo comunque dare ai governi di centro-destra che, se non hanno direttamente favorito con il loro operato questo modello, non hanno dimostrato di avere avuto i necessari strumenti e la sufficiente determinazione per contrastarlo o, quantomeno, per tentare di contenerlo.
E mentre accade tutto ciò, gli Italiani ritornano inesorabilmente ad emigrare. Non più con le valigie di cartone, come succedeva non tanti decenni fa, ma nella maggior parte dei casi con un volo aereo low cost e con in tasca una laurea che qui da noi ormai serve solo a starsene incorniciata e appesa su una parete.
Il fenomeno, parliamoci chiaro, non riguarda solo l’Italia, ma l’intera Europa strangolata dal signoraggio e dalla dittatura usurocratico-bancaria della BCE. Emigrano in massa gli Spagnoli (soprattutto verso il Venezuela, la Colombia e il Messico), emigrano in massa i Portoghesi (prevalentemente verso il Brasile, il Mozambico e l’Angola) e – udite, udite! – iniziano ad emigrare anche i Tedeschi! Nella Germania di Angela Merkel, infatti, il precariato ed i contratti a termine hanno avuto negli ultimi anni un inquietante aumento esponenziale.
Negli ultimi anni il numero degli Italiani che se ne vanno a cercare fortuna all’estero è più che raddoppiato e l’aumento più vistoso della presenza di nostri connazionali nell’ultimo triennio si registra in Asia (+18,5%) e, a seguire, in America (+6,8%), Europa (+4,5%) e Oceania (+3,6%).
Gli Italiani che scelgono di emigrare hanno in media 34 anni, sono prevalentemente uomini (53%) e si tratta spesso di laureati e specializzati.
E la Commissione Europea conferma che la strada intrapresa dal Governo della banche nel nostro Paese “sta dando i suoi frutti…”. Si, i frutti della miseria, dell’annientamento e della disperazione!

Nicola Bizzi

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