venerdì 31 ottobre 2014

La CIA dietro la morte di Bob Marley?



A fine articolo alcuni video in inglese e spagnolo circa la teoria dell'uccisione di Bob Marley da parte della CIA

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Chanting Down Babylon: La CIA e la morte di Bob Marley

C’è la mano oscura della CIA dietro la morte del più grande profeta della controcultura del nostro tempo?

In Giamaica, quando Marley si trovava al culmine del suo successo, quando la musica e la politica erano ancora una cosa sola, prima che venisse srotolata la nebbia della censura sull’isola, vecchie ferite sono state aperte da un’ondata di destabilizzazione politica.

Storie apparse sulla stampa locale, regionale e internazionale, sottovalutavano le realizzazioni del governo giamaicano, quasi socialista, del primo ministro Michael Manley.

Alla fine del 1970, l’isola fu inondata da pistole a buon mercato, eroina, cocaina, propaganda di destra e, come il primo ministro di Grenada Maurice Bishop ha descritto tre anni più tardi:“tentativi perniciosi della CIA per rovinare l’economia.”

“Destabilizzazione”, ha continuato Bishop, “è il nome dato al metodo, sviluppato recentemente, per controllare e sfruttare la vita e le risorse di un paese e della sua gente da parte di una nazione più grande e potente, attraverso il bullismo, l’intimidazione e la violenza.”

In risposta alle macchinazioni fasciste della CIA, Marley tesseva i suoi testi in un crocifisso rivoluzionario per scongiurare che il mantello e la spada dei “vampiri” scendessero su tutta l’isola.




Giugno 1976: l’allora Governatore Generale, Florizel Glasspole, pose la Giamaica sotto la legge marziale per tamponare la sanguinosa violenza pre-elettorale. Il partito nazionale del primo ministro Manley, chiese ai Wailers di suonare a Smile Jamaica, in un concerto nel mese di dicembre. Nonostante il caos politico nascente, Marley accettò.

Alla fine di novembre, uno squadrone della morte scivolò in casa di Marley, in Hope Road, a Kingston. Come dice il biografo di Marley, Timothy White, verso le 21:00 circa, “il tranquillo torpore della notte tropicale è stato interrotto da un rumore strano come quello di un petardo.”

Marley era in cucina, sul retro della casa a mangiare un pompelmo, quando udì le raffiche di un mitra automatico. Don Taylor, manager di Marley, stava parlando al musicista quando le pallottole lo presero alle gambe. Gli uomini stavano“infarcendo la casa con una raffica di fucili e pistole, mandando in frantumi le finestre e inondando il primo piano di schegge di gesso e legno .”

Rita Marley, nel tentativo di fuggire con i suoi figli e un reporter del Jamaica Daily News, è stata colpita da uno degli uomini situati nel cortile. Il proiettile la colpì alla testa, sollevandola in aria e scavando tra il cuoio capelluto e il cranio.

Nel frattempo, un uomo con un fucile automatico aveva fatto irruzione dalla porta sul retro fuori dalla dispensa e aveva poi spinto via Seeco Patterson, percussionista dei Wailers, per mirare dritto al di là di Don Taylor, verso Bob Marley. Il bandito sparò otto colpi. Un proiettile colpì un contatore, un altro finì nel soffitto e cinque colpirono Taylor. Cadde ma rimase cosciente, con quattro proiettili nelle gambe e uno alla base della spina dorsale. L’ultimo colpo ferì Marley in profondità al braccio.

La sopravvivenza del cantante reggae e di tutto il suo entourage sembrava essere l’opera di Ras Tafari. Un evento straordinario in quanto “La potenza di fuoco che quei ragazzi portarono con loro, era stata immensa”, ricorda il pubblicista dei Wailers, Jeff Walker. “C’erano fori di proiettile in tutta la casa. In cucina, in bagno, in salotto, nei pavimenti, nei soffitti, nelle porte e all’esterno”.

C’è da allora la diffusa convinzione che la CIA abbia organizzato l’attentato in Hope Road. Neville Garrick, un insider di Marley ed ex direttore artistico del giamaicano Daily News, ha filmato dei “personaggi sospetti” in agguato vicino alla casa prima del tentato assassinio. Il giorno della sparatoria, aveva scattato alcune foto di Marley in piedi accanto a una Volkswagen all’ombra di un albero di mango.

Gli estranei sullo sfondo innervosirono Marley che disse a Garrick che gli sembrava che stessero scrutando la sua proprietà. Dopo il concerto, Garrick prese le fotografie per stamparle a Nassau. Tuttavia, mentre i Wailers e la crew erano pronti ad imbarcarsi su un volo per Londra, scoprì che il filmato era stato rubato.

A tutt’oggi molti dei file della CIA su Bob Marley non sono ancora stati desecretati. Malgrado tutto, il 5 Dicembre del 1976, una settimana dopo l’assalto a Hope Road, i Wailers apparvero al ‘Smile Jamaica Fest’ e, nonostante le ferite, effettuarono un lungo, inno provocatorio di rabbia diretto alla CIA – “War” – suggerendo l’atteggiamento dei Wailers verso i “vampiri” di Langley:




Bob Marley & The Wailers – War







Fino a quando i regimi ignobili e infelici

Che oggi tengono i nostri fratelli

In Angola, in Mozambico,

Sudafrica

In una situazione subumana

Sono stati rovesciati,

Completamente distrutti,

Dappertutto è guerra …

Solo una manciata dei compagni più fidati di Marley conosceva il luogo in cui si trovava la band prima del festival, eppure, un sedicente membro dello staff cinematografico che, secondo quanto riportato dalle testimonianze, stranamente pare non avesse alcuna videocamera con se, era riuscito ad entrare nell’accampamento di Hope Road: un certo Carl Colby, figlio del defunto direttore della CIA William Colby.

Mentre la band si preparava per il concerto, secondo un testimone è stato consegnato un dono a Bob Marley: un paio di stivali. L’ex direttore della fotografia Lee Lew-Lee di Los Angeles [il suo lavoro può essere visto nel documentario premio Oscar 'The Panama Deception'], amico intimo dei Wailers, crede che il cancro di Marley possa essere ricondotto agli stivali: “Ha messo il piede dentro e disse: ‘Ahi!’ Un amico lo aiutò a togliersi lo stivale dal quale tirò fuori un lungo filo di rame. Era stato incorporato negli stivali”.

Il filo, era stato trattato chimicamente con una tossina cancerogena? La comparsa di Colby al compound di Marley, è stata certamente provocatoria.

Diciassette anni dopo l’assalto in Hope Road, Don Taylor pubblicò un libro di memorie, Marley and Me, in cui sostiene che un “agente della CIA” si trovava con la crew, in quanto parte del piano per “assassinare” Marley.

Lew-Lee ricorda: “Ho sempre avuto i miei sospetti. Marley, si ruppe un dito del piede giocando a calcio e quando vide che l’osso non si aggiustava i medici scoprirono che la punta aveva il cancro. Il cancro aveva metastatizzato tutto il suo corpo, ma [Marley] credeva di poter combattere questa cosa”.

Il ricercatore britannico Michael Conally osserva: “Di certo avevano ragioni per volerlo morto. Marley era una figura importante che il resto del mondo cominciava a notare, ovunque andava influenzava molte persone con il suo stile di vita Rasta. Era difficile da ignorare, soprattutto dai tradizionalisti e tipi autoritari “.

La partita di calcio si svolse a Parigi nel 1977. Marley scese in campo con una delle squadre più importanti del Paese per rompere la monotonia del tour “Exodus” dei Wailers. In un contrasto si ferì al piede destro. L’unghia saltò, tuttavia in un primo momento, non fu considerata una ferita grave.

Ma non sarebbe guarita. Marley continuava a zoppicare e consultò un medico, il quale rimase sconvolto alla vista del piede. Si era così consumato che i medici a Londra gli consigliarono di amputarlo. La religione di Marley, però, lo proibisce: “I Rasta non ammettono l’amputazione”, ha insistito.

Marley volò a Miami e il dottor William Bacone eseguì un trapianto di pelle sulla lesione. La malattia non ancora diagnosticata, si diffuse in tutto il corpo.

Isaac Fergusson, un amico e devoto, ha osservato la lenta morte di Bob Marley in prima persona. Nei tre anni che trascorsero dalla partita di calcio alla diagnosi di cancro, Marley è rimasto immerso nella musica: “Ignorando il parere dei medici e degli stretti collaboratori, si rifiutò di rinunciare alle registrazioni in studio e al tour. Avrebbe dovuto abbandonare il palco ma ci sarebbero voluti anni per recuperare lo slancio. Quello era il suo tempo. Ogni volta che entrava in studio per registrare, accumulava materiale per due album. Con incredibile energia e determinazione, strimpellava la sua chitarra, forse per 12 ore, a volte fino all’alba”.

L’artista Reggae Jimmy Cliff, dopo la morte di Marley: “.. Quello che so, è che Bob ha finito di fare tutto quello che doveva fare su questa Terra”. Marley era consapevole, già nel 1977, che stava morendo e cercò di condensare una vita di musica negli ultimi anni che gli rimanevano.

Fonte originale: hightimes.com

Fonte: luniversovibra.altervista.org









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