giovedì 11 settembre 2014

L’ANALISI DI LUCA CAMPOLONGO: ECCO COME USCIRE DALL’EURO, CONFRONTO DI METODI E CONSEGUENZE (TUTTE POSITIVE)

Mentre l’Inghilterra annuncia che alzerà i tassi d’interesse in quanto la ripresa economica sta andando oltre le aspettative, con ben 1,2 milioni di posti di lavoro in più e Ungheria e Polonia possono vantare una crescita del PIL superiore al 3% e disoccupazione in calo, il governatore della BCE è stato costretto a ridurre il tasso di sconto sostanzialmente a zero nel tentativo disperato quanto inutile di far ripartire l’economia dell’eurozona che segnala un drammatico encefalogramma piatta ed una disoccupazione record pari a 44,8 milioni di persone.

Nel frattempo, i redditi delle famiglie italiane sono tornati ai livelli di 28, dicasi ventotto!, anni fa e l’organizzazione umanitaria Medicins du Monde trasferisce i piani umanitari previsti per l’Africa in Grecia stante la disperata situazione sanitaria frutto del “risanamento” operato dalla troika FMI-BCE-UE sotto dettatura della cancelliera di Berlino Angela Merkel e del fido Schauble.
Appare in tutta evidenza, come ormai riporta quotidianamente la stampa estera, che l’euro e le nazioni che lo adottano sono il grande malato mondiale, una delle poche zone che non cresce di una virgola e che, al contrario, sta distruggendo ricchezza peggio di un conflitto mondiale.
Certo, abbiamo gli euroentusiasti alla Renzi, pronti a copiare riforme in salsa tedesca che stanno già dimostrando il loro fallimento in patria e che non esitano a tartassare i propri cittadini con imposte e gabelle di ogni sorta, comprese le più odiose, come quelle sulla casa di proprietà.
La realtà è che siamo in presenza di un accanimento terapeutico senza precedenti, perché viene applicato su un cadavere già freddo, quello dell’euro.
Quale soluzione a questo disastro di proporzioni bibliche?
Una sola: la fine dell’euro ed il ritorno a monete nazionali.
Le strade sono solo due
A) Gli stati membri dell’eurozona, preso atto del fallimento di un progetto che, a dirla tutta, era evidente fin dall’inizio, concordano un ritorno programmato alle valute nazionali, fissando tassi di cambio iniziali, periodo di permanenza della doppia valuta e successiva liberalizzazione dei cambi (parliamoci chiaro, anche il sistema a cambi fissi dello SME, era assolutamente inefficiente)
B) Un singolo stato, di fronte all’evidenza che l’euro comporterebbe la distruzione del proprio tessuto sociale ed economico ed alla fine della sua stessa esistenza, decide di uscire unilateralmente dalla moneta unica (cosa prevista nei trattati della ue).
Stabilito che l’ipotesi A, che sarebbe la più sensata, difficilmente sarà percorsa stante l’ottusità degli eurocrati, rimane la B.
Uno stato, ipotizziamo l’Italia, sarebbe quindi in grado di tornare ad emettere propria valuta, meglio se con una banca centrale con funzione di prestatore di ultima istanza (ovvero acquirente di debito pubblico in caso di necessità). Quali sarebbero i passi? Vediamoli:
– Predisposizione di un adeguato quantitativo di cartamoneta e decisione del tasso di cambio iniziale con l’euro. Per comodità potrebbe essere quello euro/lira iniziale
– Ridenominazione del debito pubblico nelle nuove lire
– Passaggio alla nuova valuta a mercati chiusi, in un fine settimana, per evitare disguidi.
– Limiti iniziali al prelievo di denaro per evitare speculazioni
Nulla di spaventoso o di impraticabile.
A quanti affermano che la nuova lira potrebbe subire una svalutazione anche della metà rispetto all’euro, ricordiamo che questo significa che l’euro è sopravvalutato esattamente della stessa percentuale rispetto al potenziale dell’economia italiana e che questo è il motivo principale della crisi. Quindi le strade sono due: o svalutazione esterna rispetto alle altre monete, o svalutazione interna, impoverendo le famiglie, che è proprio quello che sta accadendo oggi.
Uno stato liberato dai vincoli di una banca centrale che non può prestare soldi agli stati ma solo alle banche private (la somma idizia della BCE), potrebbe finanziare un serio programma di sviluppo per il proprio paese, in particolare nel campo delle infrastrutture e della ricerca, bloccando anche la fuga di cervelli verso l’estero che sta impoverendo sempre più l’Italia.
E per tutelarsi dal rischio di una svalutazione selvaggia ad opera di qualche speculatore? Semplice, basta convertire una parte dei propri risparmi in una valuta stabile e diversa dall’euro, come il franco svizzero ad esempio. E per farlo, non occorre andare all’estero, basta chiedere alla propria banca l’apertura di un conto denominato in valuta. In questo modo, qualsiasi cosa accada al rapporto di cambio tra la nuova lira e le altre monete, sarà neutralizzato.
I concetti che sottendono al ritorno alla lira è leggermente più complesso, non ce ne vogliano i mega esperti in trading di valuta, ma quello che conta è la sostanza. Un vecchio lupo della borsa italiana era solito dire: “tutto quello che non può essere spiegato con parole capibili da un bambino di sei anni, è una fregatura”, esattamente il contrario di quello che oggi fa moda.
Le vie di salvezza dal disastro dell’euro, che sarà ricordato come una catastrofe pari alla seconda guerra mondiale per il popolo europeo ci sono, basta avere il buon senso e l’umiltà di percorrerle.
Luca Campolongo
consulenza@sosimprese.info

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