lunedì 25 agosto 2014

PROPAGANDA PRO- CALIFFATO (ISIS) NEI NEGOZI A LONDRA, MA ANCHE A ROMA...



Sbarcano nei nostri negozi, sono nei nostri supermercati. Con i loro prodotti, con i loro appelli. L’islam, in Occidente, è una presenza silenziosa. Ma lascia il segno.
A darne notizia è stato il quotidiano britannico The Daily Mail. Che spiega come in questi giorni, a Londra, gli esercenti di Oxford Street tengano sui loro banconi dei volantini. Con la scritta «Il Califfato è stato (ri)consolidato». Ed un obiettivo, esplicito: estenderlo a tutto il mondo. Riuscirvi – c’è scritto – è «responsabilità» e compito dei musulmani. Di tutti i musulmani. A partire da quelli residenti nel Regno Unito. Chiamati a non starsene con le mani in mano, a dare il loro contributo e ad unirsi all’Isis delle stragi in Siria ed Iraq, per collaborare nel promuovere «l’alba di una nuova era». Secondo quanto riportato dall’agenzia Arabpress, la brochure elenca anche le sette regole d’oro, per aderire alla chiamata alle armi: tra queste, obbedienza piena alla sharia, fare armi e bagagli ed aderire al terrorismo islamico.
L’amministratore delegato della Fondazione anti-estremismo Quilliam, Ghaffar Hussein, ritiene che la distribuzione di volantini di questo tipo nei negozi costituirebbe una «chiara violazione della legge». Eppure è accaduta. Eppure accade.
Nelle pieghe dell’indifferenza generale covano i germi, che tentano di diffondere ovunque la rivoluzione verde. Una rivoluzione, che non si ferma alle casse, ma si estende anche negli scaffali. Con i prodotti halal.
Sono stati presentati a Roma non molto tempo fa, dal 26 al 30 marzo scorsi, dal WHFC, il World Halal Food Council. Promettendo soldi a palate, il salvataggio delle imprese condannate al fallimento, assunzioni a raffica, l’uscita dell’Italia e dell’Europa dalla crisi. Ad una condizione: che venga garantita l’ufficialità del mercato halal e la certificazione obbligatoria delle imprese interessate.
“Halal”, in arabo, vuol dire “conforme”. Conforme alla sharia ovvero alla legge islamica. Cibo, che non differisce per ingredienti, ma per metodi di macellazione. Affidabili solo ad un musulmano adulto, con l’animale rivolto verso la Mecca. Pronunciando la formula della basmalah, prima di sgozzarlo: «Nel nome di Allah, Allah è grande. Allah è il più grande. Signore, questo sacrificio viene da te ed a te è destinato». Per i musulmani è obbligatorio consumare solo cibi halal. Che possono essere certificati, a loro volta, soltanto da associazioni islamiche, secondo la loro giurisdizione religiosa. Secondo il World Halal Council, «musulmani e non-musulmani devono capire che il Nuovo Ordine Mondiale sorgerà solo con l’Halal ed il Tayyib» ovvero con quanto ritenuto buono e legale secondo la sharia.
Sono proprio questi i prodotti, che, secondo una recentissima indagine diffusa dalla Camera di Commercio e Industria di Dubai, stanno invadendo i mercati mondiali. Cambiandone il volto. Non solo economico. Anche culturale, etico. E religioso. Il volume commerciale degli alimenti e delle bevande della sharia è cresciuto di 1,1 trilioni di dollari nel solo 2013. Oltre al Medio Oriente ed al Nord Africa, appare in crescita esponenziale anche nel Sud-Est asiatico. Leader per consumi è l’Indonesia, seguita, al secondo posto, dalla Turchia. Ma da tempo è giunto anche in Europa. Anche in Italia. Lo si trova già in tutti o quasi i supermercati. Ignorando come, dietro, non vi sia soltanto il gusto dell’esotico. Tutto questo chiama in gioco la nostra stessa identità e minaccia le stesse radici cristiane del nostro Continente.
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Nelle pieghe dell’indifferenza generale covano i germi, che tentano di diffondere ovunque la rivoluzione verde. Una rivoluzione, che non si ferma alle casse, ma si estende anche negli scaffali. Con i prodotti halal.

Sono stati presentati a Roma non molto tempo fa, dal 26 al 30 marzo scorsi, dal WHFC, il World Halal Food Council. Promettendo soldi a palate, il salvataggio delle imprese condannate al fallimento, assunzioni a raffica, l’uscita dell’Italia e dell’Europa dalla crisi. Ad una condizione: che venga garantita l’ufficialità del mercato halal e la certificazione obbligatoria delle imprese interessate.

“Halal”, in arabo, vuol dire “conforme”. Conforme alla sharia ovvero alla legge islamica. Cibo, che non differisce per ingredienti, ma per metodi di macellazione. Affidabili solo ad un musulmano adulto, con l’animale rivolto verso la Mecca. Pronunciando la formula della basmalah, prima di sgozzarlo: «Nel nome di Allah, Allah è grande. Allah è il più grande. Signore, questo sacrificio viene da te ed a te è destinato».

Per i musulmani è obbligatorio consumare solo cibi halal. Che possono essere certificati, a loro volta, soltanto da associazioni islamiche, secondo la loro giurisdizione religiosa. Secondo il World Halal Council, «musulmani e non-musulmani devono capire che il Nuovo Ordine Mondiale sorgerà solo con l’Halal ed il Tayyib» ovvero con quanto ritenuto buono e legale secondo la sharia.

Sono proprio questi i prodotti, che, secondo una recentissima indagine diffusa dalla Camera di Commercio e Industria di Dubai, stanno invadendo i mercati mondiali.Cambiandone il volto. Non solo economico. Anche culturale, etico. E religioso. Il volume commerciale degli alimenti e delle bevande della sharia è cresciuto di 1,1 trilioni di dollari nel solo 2013. Oltre al Medio Oriente ed al Nord Africa, appare in crescita esponenziale anche nel Sud-Est asiatico. Leader per consumi è l’Indonesia, seguita, al secondo posto, dalla Turchia. Ma da tempo è giunto anche in Europa. Anche in Italia. Lo si trova già in tutti o quasi i supermercati. Ignorando come, dietro, non vi sia soltanto il gusto dell’esotico. Tutto questo chiama in gioco la nostra stessa identità e minaccia le stesse radici cristiane del nostro Continente.

fonte: http://www.nocristianofobia.org/in-negozi-e-supermercati-rivoluzione-halal-e-appelli-pro-isis/#sthash.fn2Hq7Eu.dpuf

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