lunedì 28 luglio 2014

FINANCIAL TIMES SCAGLIA UN SILURO NELLA SALA MACCHINE DEL GOVERNO RENZI: POSTE NON ANDRA' IN BORSA NON LA VUOLE NESSUNO!

FINANCIAL TIMES SCAGLIA UN SILURO NELLA SALA MACCHINE DEL GOVERNO RENZI: POSTE NON ANDRA' IN BORSA NON LA VUOLE NESSUNO!
La privatizzazione di Poste slitterà al prossimo anno, dopo lo scarso interesse per l'operazione mostrato dagli investitori per Fincantieri. Lo sostiene, in un articolo odierno, il Financial Time. Inizialmente il Tesoro aveva prospettato la quotazione per il prossimo autunno, sperando di raccogliere dalla vendita "almeno 4 miliardi", si legge. "Quello che è successo a Fincantieri ha fatto loro pensare", dice una persona che ha conoscenza diretta del dossier sulla privatizzazione, la quale aggiunge che in "nessun modo" Poste approderà a Piazza Affari entro fine anno.

I piani del governo su alcune delle aziende individuate per la privatizzazione, "tra cui Poste e il controllore del traffico aereo Enav, richiedono più tempo per essere pronte ad affrontare gli investitori internazionali", sostengono fonti vicine alla vicenda. A complicare il debutto in Borsa di Poste è la sua quota, di quasi il 20 per cento, in Alitalia la compagnia aerea impegnata in una trattativa con Etihad. L'investimento di Poste in Alitalia è "controverso".
L'amministratore delegato di Poste Francesco Caio è in trattative con James Hogan, chief executive di Etihad, "su un accordo che porterebbe l'aggiunta di otto 737 aerei turbo come alimentatori nazionali per le rotte Etihad e aumentare la sua quota di mercato cargo", dicono persone vicine al dossier. Tuttavia, queste persone dicono che "le preoccupazioni per la regolamentazione circa l'investimento di Poste in Alitalia che dovrebbero essere risolta prima della sua privatizzazione".
E questa notizia del Financial Times è una vera e propria doccia gelata sul governo Renzi: buona parte, se non tutta la politica economica - ammesso si possa definire così - di Renzi si basava sugli introiti descritti "molto importanti" derivati dalle privatizzazioni dei cosiddetti "gioielli italiani", da Fincantieri alle Poste, passando per Eni e quant'altro ancora sopravvive in Italia. Fincantieri ha raggranellato una somma che è la metà dello sperato, Poste addirittura non andrà in Borsa per ora. 
Tutto ciò produce un ulteriore buco nei conti pubblici 2014 stimabile tra i 6 e gli 8 miliardi di euro. A settembre un altro capitolo si aggiungerà al libro titolato: la resa dei conti italiana. 
max parisi
http://www.ilnord.it/

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