domenica 23 marzo 2014

Terra dei fuochi, una campagna mediatica denigratoria. Adesso chi paga i danni?

Una campagna mediatica basata, come scrive Linkiesta, su dichiarazioni inattendibili. Un danno economico incalcolabile.
 
 
Il 29 dicembre 2013 Michele Santoro, a Servizio Pubblico, manda in onda un lungo reportage di Sandro Ruotolo e Dina Lauricella intitolato Inferno Atomico. Questa è la presentazione della puntata, come si può ancora leggere sul sito del programma televisivo di La7: “L’inferno nella Terra dei fuochi, tra Napoli e Caserta, con migliaia di ettari contaminati e con l’epidemia di tumori: terre dove in 20 anni sono state interrate 10 milioni di tonnellate di rifiuti tossici, 410mila camion che hanno fatto su e giù per l’Italia con il loro carico di morte, senza che nessuno li fermasse”.
Il 30 gennaio 2014, in prima pagina sul New York Times, campeggia la foto di un carabiniere che presidia un campo coltivato, ha una mano poggiata sulla fronte, gli occhi socchiusi, sembra dire “mamma mia”. Il titolo del pezzo è: “A Mafia legacy taints the earth of Southern Italy”, cioè la mafia inquina il cuore dell’Italia meridionale. Nell’articolo, che pure correttamente, alla fine, racconta che i carabinieri scavano cercando rifiuti radioattivi senza trovarli, viene anche intervistato un oscuro cardiologo della zona il quale affida al pubblico queste parole: “Viviamo sulla cima di una bomba”. 
Il 13 novembre, l’Espressoaveva pubblicato una copertina con questo titolo:“Bevi Napoli e poi muori”. Sottotitolo: “Acqua inquinata ovunque, con tracce pericolose di uranio. Gas velenosi dal suolo. Diossina”. Negli stessi mesi esplode anche la figura mediatica di Carmine Schiavone. Ex pentito di camorra, pluriomicida, Schiavone viene intervistato daSky Tg 24il 24 agosto 2013, più volte dalle Iene di Italia Uno ma in particolare il 19 novembre 2013, partecipa in studio aSevizio Pubblico il 29 dicembre, poi è ospite in studio di Salvo Sottile aLinea Giallail 22 gennaio 2014, rilascia interviste a giornali stranieri ed emittenti locali.
A tutti dice la stessa cosa: sono state interrate scorie radioattive provenienti dalle centrali nucleari della Germania nelle campagne della provincia di Caserta, “qui moriranno tutti di cancro”.
Alle Iene, Schiavone mostra persino su una mappa le zone inquinate dalle radiazioni, e la Iena Nadia Toffa, in un reportage del 15 ottobre, ricorda agli ascoltatori che i pomodori prodotti nell’Inferno atomico sono utilizzati per comporre il “minestrone di una nota marca di surgelati”. 
Ecco. Questi grosso modo i fatti. Tutte balle. Insostenibili cretinate da ogni punto di vista, senza vero riscontro, sono state romanzate accortamente e inaccortamente. Roba da ubriachi. L’ex pentito non sa di cosa parla, come hanno spiegato i magistrati Raffaele Cantone e Federico Cafiero de Raho, come ha detto l’onorevole Pina Picierno della commissione Antimafia, come avevano già capito nel 1997 i membri della Commissione d’inchiesta parlamentare sulle Ecomafie, e come ha dimostrato il processo Spartacus, l’inchiesta che ha annientato il clan dei casalesi.
Non solo. Le scorie radioattive non esistono, come sanno i carabinieri e la criminalpol che le cercano dal 1995. E la cosiddetta Terra dei fuochi, quella dei rifiuti tossici effettivamente interrati, è stata appena mappata e censita dal governo: misura, in tutto, 64 ettari, cioè 0,64 chilometri quadrati, cioè lo 0,1 per cento della regione Campania.
La Doria è una famosa azienda che inscatola pomodori pelati, vende il sugo per la pasta, la passata, la polpa. Produce a Salerno, ottanta chilometri a sud-est dalla cosiddetta Terra dei fuochi. Negli ultimi mesi La Doria ha subìto una flessione del 30 per cento nelle proprie vendite.
Così come la Ferrarelle, come il consorzio della mozzarella di bufala, e come centinaia di medi e piccoli agricoltori.Resta una domanda gigantesca: adesso chi ripaga le aziende dell’agroalimentare campano ridotte in ginocchio da una forsennata campagna di stampa?
fonte: http://www.infiltrato.it/inchieste/terra-dei-fuochi-una-campagna-mediatica-denigratoria-adesso-chi-paga-i-danni

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