mercoledì 5 marzo 2014

Mps, chi traccheggia e chi preferisce la nazionalizzazione del Monte

Certo, innanzitutto la riduzione fiscale per imprese e lavoratori. E ovviamente la revisione della spesa per trovare risorse per coprire il taglio tributario annunciato. Le priorità per il ministero dell’Economia sono note. Però si spera che il ministro Piercarlo Padoan dia un’occhiata anche al Monte dei Paschi di Siena
E’ una banca privata e dunque il governo stia alla larga, diranno già i liberisti duri e puri. Ma i fatti sono ancora più duri.
E sono questi: il Tesoro ha emesso dei bond che sono stati acquistati da Mps per avere risorse necessarie e indispensabili alla solidità dell’istituto; l’aumento dli capitale progettato dai vertici del Monte serviva anche per rimborsare le obbligazioni, evitando tra l’altro di pagare ulteriori interessi; ma la ricapitalizzazione prevista per gennaio è stata spostata – con sconcerto e sgomento della banca, degli osservatori e degli analisti - a giugno.
C’è poi un altro fatto che investe il Tesoro, organo di vigilanza sulle fondazioni bancarie. La Fondazione Mps al dipartimento del Tesoro, che fa parte del ministero dell’Economia, aveva assicurato che entro fine febbraio avrebbe venduto un bel gruzzolo della quota detenuta in Mps pari al 33%; una vendita implicita nell’aumento di capitale di Mps visto che l’ente senese presieduto da Antonella Mansi non può partecipare alla ricapitalizzazione e anzi deve dismettere le quote nel Monte per saldare i debiti con le banche contratti per mantenere saldo il controllo della banca.
Tutto ok? Nient’affatto. Infatti, nonostante impegni solenni seppure informali assunti con il Tesoro, la fondazione – a parte una cessione di qualche bruscolino pari a al 2% e a parte indiscrezioni (pilotate?) su acquisti imminenti da parte di fondi sovrani come quello del Qatar (è questa la senesità?) – l’ente senese traccheggia. Si dirà: la fondazione fa i propri interessi per cercare di strappare il prezzo migliore ed evitare minusvalenze. Ma ci sono anche gli interessi della banca, si direbbe preminenti rispetto a quelli di un azionista. E così non è un caso che la banca presieduta da Alessandro Profumo e guidata dall’ad, Fabrizio Viola, stia valutando con alcuni pareri legali se e come tutelarsi da decisioni sciagurate come quelle della proroga della ricapitalizzazione voluta dalla fondazione.
A questo punto si spera solo che il combinato disposto del meccanismo degli Mps Bond, che possono essere tramutati in azioni del Monte, dei traccheggiamenti della fondazione, della volontà della Confindustria locale per un intervento della Cassa depositi e prestiti e della sempre attiva aspirazione dei politici locali, in primis del Pd, a non mollare la presa sulla banca, non conduca a una nazionalizzazione di Mps.
fonte: http://www.formiche.net/2014/03/03/mps-fondazione-profumo-mansi-padoan/

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