venerdì 21 febbraio 2014

Perù: recenti studi scientifici sui teschi di Paracas attestano la passata esistenza di un ramo sconosciuto della specie umana

Si sta assistendo, come è già avvenuto in passato con Ipazia di Alessandria, Giordano Bruno e Galileo Galilei, al tentativo di delegittimare e screditare una scoperta scientifica rivoluzionaria che potrebbe riscrivere la Storia
Nel 1928 una sorprendente scoperta archeologica fece molto rumore in tutto il Sud America: l'archeologo peruviano Julio Tello portò alla luce una vasta necropoli ricondubile ad una civiltà fiorita fra l'VIII° e il I° secolo a.C., detta Cultura di Paracas, dalla località del ritrovamento.

La Cultura di Paracas, da cui si ritiene sia derivata quella di Nazca, immediatamente successiva, fiorì su una penisola, quella appunto di Paracas, situata in un'area protetta, oggi grande riserva naturale sull'Oceano Pacifico, nella regione di Ica, a 260 chilometri da Lima. Area del resto nota per il celebre Candelabro di Paracas, un imponente antico geoglifo a forma di tridente con oltre 120 metri di diametro, che si staglia su una collina ed è visibile da grande distanza.
Gli scavi di Tello portarono al rinvenimento di centinaia di tombe di individui i cui resti apparvero subito molto insoliti, per via della forma allungata del cranio. Tanto che questi resti dei progenitori dei Nazca divennero subito noti come i 'Crani di Paracas'. Molti di essi sono oggi esposti, insieme ad altri reperti e manufatti rinvenuti nella zona, al Museo Regional de Ica, e sono effettivamente piuttosto impressionanti da vedere.
Presso numerose civiltà antiche, in ogni angolo del mondo, dall'Australia all'Egitto, da Malta alla Mesopotamia, dalla Siberia al Sud America, è sempre stata diffusa la pratica di deformare di proposito il cranio di alcuni individui, mediante strette fasciature o l'applicazione prolungata di particolari tavolette di legno che determinavano un allungamento, spesso molto pronunciato, della calotta cranica. La pratica cominciava molto probabilmente in età neonatale, quando le ossa del cranio sono ancora morbide e la struttura non è ancora fissata, e doveva essere lunga e laboriosa (e sicuramente dolorosa), e una volta eseguita non era più reversibile. Evidenze archeologiche hanno dimostrato che essa era già in uso nel Neolitico, in quanto le prime testimonianze accertate risalgono al decimo millennio avanti Cristo.
Fino alla prima metà del XX° Secolo si credeva che queste deformazioni craniche si fossero sviluppate originariamente in Egitto, per poi diffondersi in tutto il mondo. Ma i ricercatori si sono poi resi conto che questa curiosa usanza non ha avuto origine in una zona geografica isolata o ben determinata, ma è sorta tra diversi gruppi culturali, anche estremamente distanti tra loro, in maniera assolutamente autonoma e indipendente.
Nonostante che gli archeologi e gli antropologi abbiano ipotizzato, come giustificazione di tale pratica, ragioni magico-simboliche o religiose, non se ne conosce il reale motivo, in quanto non sono presenti negli antichi testi a noi noti sufficienti documentazioni a riguardo. Risulta comunque evidente, dai ritrovamenti archeologici, che la deformazione dei crani non riguardava indistintamente tutti gli individui di una determinata civiltà o di un gruppo sociale, ma era una prerogativa elitaria, riservata probabilmente alle classi superiori o dominanti o alla casta sacerdotale. E si ritiene fosse motivata dal desiderio di rendersi simili, nell'aspetto, alle Divinità.
In tutti i casi finora esaminati, quindi, è sempre emerso che si trattava di deformazioni indotte e provocate, non di una naturale conformazione della scatola cranica. Questo fino ad oggi. Recenti indagini scientifiche sui teschi di Paracas sembrerebbero dirci il contrario. Mentre la pratica intenzionale di deformazione cambia, sì, la forma del cranio, ma non ne altera il suo volume, il peso o altre caratteristiche che sono peculiari di un teschio umano normale, è emerso che i teschi di Paracas sono diversi. Il loro volume cranico è fino al 25% più grande e risultano fino al 60% più pesanti dei teschi umani tradizionali, soprattutto di quelli delle popolazioni della zona. Tanto che alcuni scienziati hanno avanzato con convinzione l'ipotesi che non avrebbero potuto essere intenzionalmente deformati. Contengono inoltre una sola piastra parietale, anziché due.
Juan Navarro, proprietario e direttore del Museo di Storia di Paracas, che ospita una collezione di trentacinque di questi teschi, ha consentito il prelievo di campioni da cinque di essi. Campioni costiti da capelli, denti, radici dentali, frammenti di ossi del cranio e lembi di pelle (molti di questi teschi hanno subito un naturale processo di mummificazione che ne ha preservato parte dei tessuti), e questo processo è stato accuratamente documentato con foto e video. I campioni sono stati inviati al ricercatore e scrittore americano Lloyd Anthony Pye, fondatore del Progetto Starchild (recentemente scomparso a 67 anni lo scorso 9 Dicembre), che ha provveduto poi a consegnarli ad un genetista in Texas per sottoporli ad una serie di accurati esami del DNA.
I risultati preliminari delle analisi sono recentemente stati divulgati da Brien Foerster, un ricercatore ed esploratore autore di numerosi libri, considerato un’autorità nello studio delle antiche teste allungate del Sud America, e hanno scatenato un putiferio mediatico per la loro sconcertante spettacolarità. Premettendo la necessità di effettuare nuovi e ripetuti test, per poter trarre delle conclusioni definitive e definitivamente accettate, da questi primi risultati, come ha dichiarato alla stampa lo stesso Foerster, sarebbe emerso che «Nel DNA mitocondrialesono presenti mutazioni sconosciute in qualsiasi essere umano, primate o animale conosciuto finora» e che «alcuni frammenti di questi campioni ci indicano che abbiamo a che fare con una nuova creatura di tipo umano, molto distante dall’Homo sapiens, dal Neanderthal e dal Denisovans».
«Le implicazioni sono enormi - ha dichiarato sempre Foerster - e non sono sicuro che si adatteranno al noto albero evolutivo del genere Umano», aggiungendo che «se gli individui di Paracas erano così biologicamente diversi, non avrebbero potuto incrociarsi con gli altri esseri umani».
Ho ritenuto di scrivere di questa notizia soprattutto alla luce del fatto che la sua recente divulgazione sia stata immediatamente oggetto, sui soliti siti di debunkers e disinformatori che si autoergono a 'scopritori di bufale', ad inauditi e violenti attacchi. Attacchi pretestuosi, il cui unico obiettivo è stato il tentare di delegittimare agli occhi dell'opinione pubblica i risultati, pur sorprendenti, di queste analisi preliminari.
Sedicenti 'blogger' (non quindi scienziati, ma semplici signor nessuno), hanno violentemente attaccato, anche su siti italiani, la memoria di Lloyd Anthony Pye, che, scomparso poco più di due mesi fa a causa di una grave e molto aggressiva forma di linfoma, non ha quindi più la possibilità di controbattere alle loro deliranti accuse. Accuse che si commentano da sole e che dipingono questo grande ricercatore come una sorta di ciarlatano animato da ipotetici secondi fini.
Hanno poi gettato discredito su Brien Foerster, accusandolo di non avere adeguati titoli accademici per potersi occupare della vicenda, e sostenendo che anch'egli si sarebbe fatto portavoce di quella che questi signor nessuno definiscono 'una bufala', termine che viene oggi spesso utilizzato a scopo denigratorio quando si vuole mettere in dubbio una notizia scomoda o delegittimare lo scopritore di qualche altrettanto scomoda scoperta medica o scientifica.
Lo stesso Foester che ha invece richiesto nuovi ed approfonditi esami, proprio per sfatare ogni legittimo dubbio e per convalidare pienamente i risultati di questa clamorosa scoperta. Una scoperta che può contribuire a fare nuova luce sul passato e sull'evoluzione dell'umanità. Lo stesso Foerster che, in una recente intervista con l'emittente radiofonica statunitense The People Voice, ha dichiarato: «sfortunatamente gli scienziati convenzionali hanno un sacco di difficoltà a confrontarsi con una varietà di cose. Stiamo anche cominciando a mettere in discussione tutta questa idea del paradigma dell’evoluzione darwiniana. È una una teoria così frammentaria, e credo ci siano troppe persone che pensano che sia solida scienza provata, cosa che io non penso nonostante sia di formazione un biologo».
Proprio l'eccezionale rapidità con cui certi avvoltoi della disinformazione si sono scatenati, come hanno fatto in passato per altre scoperte eclatanti, rivelatesi poi assolutamente vere e fondate e che in molti casi hanno cambiato la Storia dell'umanità, mi conferma come le nuove acquisizioni, quelle che mettono in discussione il paradigma storico e scientifico comunemente accettato, per convenienza, dagli ambienti accademici, facciano spesso paura e diano fastidio. E si tende allora, con la complicità di questi immancabili calunniatori e disinformatori di professione, che spesso non si prendono neanche la briga di leggere un documento o di controllare un esame di laboratorio, a delegittimarle agli occhi dell'opinione pubblica.
Uno squallido copione già visto, una forca caudina da cui sono storicamente passati Ipazia di Alessandria, Giordano Bruno, Galileo Galilei, Nikola Tesla e molti altri grandi pensatori, filosofi e scienziati ai quali poi la Scienza e l'Umanità hanno dato ragione.
Nicola Bizzi

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