giovedì 13 febbraio 2014

LO STATO ITALIANO STA PER ABOLIRE L’ERGASTOLO: LA MAFIA RINGRAZIA




 di Gianni Lannes


Mentre Renzi il negazionista che preanuncia un trattamento sanitario obbligatorio ai militanti del Pd che avvistano le scie chimiche, senza essere stato eletto dal popolo "sovrano", si scalda in panchina per togliere la poltrona di Palazzo Chigi a Letta, due onorevoli del partito democratico presentano una proposta di legge per cancellare la pena dell'ergastolo. I maggiori beneficiati, saranno i mafiosi. Non caso nel famigerato papello di Totò Riina, una delle 12 richieste - nella trattativa mafia & stato - era proprio l'abolizione della pena a vita. In fondo, le organizzazioni criminali sono associazioni non riconosciute con decreto statale, ma che comunque fanno il lavoro sporco proprio per lo Stato dal 1861, per non dire dello sbarco "alleato" in Sicilia nel 1943.

In un lampo: lo avevano annunciato prima dell'estate 2013 e sono stati di parola. Roberto Speranza e Danilo Leva, rispettivamente capogruppo alla Camera e responsabile giustizia del Partito democratico, hanno depositato il loro bravo compitino per l'abolizione dell'ergastolo. Non sono i soli - in bella compagnia dei radicali - e non sono i primi.
Se la proposta dovesse tradursi in legge, la pena dell'ergastolo sarebbe sostituita dalla pena massima temporanea, fissata dall'ordinamento in trent'anni di reclusione. 

Ecco il resoconto dell'Agenparl:

"Mercoledì 25 Settembre 2013 16:08



(AGENPARL) - Roma, 25 set - “Domani giovedì 26 settembre alle ore 13 presso la sala stampa della Camera dei Deputati, Roberto Speranza, Capogruppo PD, e Danilo Leva, Responsabile nazionale Giustizia PD, presenteranno le proposte di legge sulla riforma della custodia cautelare e l’abolizione dell'ergastolo”. Alla conferenza parteciperanno Anna Rossomando, Responsabile giustizia penale Forum Giustizia PD, Walter Verini, capogruppo PD commissione Giustizia, e Sandro Favi, Responsabile nazionale carceri del PD". 

Della legittimità dell'ergastolo nel nostro ordinamento si discute sin da quando l'Assemblea costituente scrisse quel comma 3 dell'articolo 27 che impone la finalità rieducativa della pena e il divieto di trattamenti contrari al senso di umanità. Nel 1974 la Corte costituzionale argomentò che l'ergastolo è legittimo in quanto anche all'ergastolano è data la possibilità di accesso alla liberazione condizionale, che poi vuol dire che l'ergastolo è legittimo nella misura in cui non venga effettivamente applicato. 

Nel 2003 la Consulta ha salvato anche il cosiddetto "ergastolo ostativo", l'ergastolo senza possibilità di accesso alla liberazione condizionale per coloro che non collaborino con la giustizia, sul presupposto che - se rifiuta di collaborare - sia responsabilità del condannato il mancato accesso alla liberazione condizionale, minimamente facendosi carico del fatto che la pretesa di collaborazione è tipicamente inquisitoria: il pubblico ministero persegue un'ipotesi accusatoria nei confronti di qualcuno che non ha la forza per dimostrare e sostenere in giudizio; gli serve una denuncia o, meglio, una chiamata in correità; il condannato all'ergastolo che corrisponde alle esigenze del Pm potrà avere accesso alla liberazione condizionale e sperare di terminare la sua vita in libertà; quello che si rifiuterà di collaborare sarà schiacciato a vita dal "fine pena mai", come recitano i fascicoli penitenziari.

E poi c'è la semilibertà, i permessi. Nel 1997, quando il Parlamento ha esaminato per l'ultima volta una proposta abolizionista (approvandola nel solo Senato), gli ergastolani erano 875: di questi tre erano in carcere da più di trent'anni (la pena massima temporanea prevista dall'ordinamento) e sedici da più di ventisei (la soglia per richiedere l'accesso alla liberazione condizionale). Nel decennio '86-'96 solo 27 detenuti avevano avuto accesso alla liberazione condizionale. Nell'ultimo ventennio gli ergastolani si sono moltiplicati per quattro: erano 408 nel 1992, sono diventati 990 nel 2002 e poi 1581 il 31 dicembre del 2013.

Questi sono i problemi sul tavolo dei politicanti, anche se l'Italia sotto regime sta morendo in silenzio, senza protestare efficacemente.

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