venerdì 28 febbraio 2014

Coldiretti denuncia la morte della biodiversità produttiva

Il 35% dell’agricoltura nazionale, che impiega circa 800 mila persone, un comparto economico che ci frutta 17,3 miliardi di euro, è a rischio.
La preoccupazione maggiore sono le importazioni. Si è giunti a necessitare del 42 per cento del consumo di latte; il 40 per cento della carne di maiale, il 30 per cento di quella ovicaprina e il 10 per cento della carne di coniglio.

Questi prodotti importati, denuncia la Coldiretti nella persona del suo presidente, Roberto Moncalvo, non sono identificabili dal consumatore, che si trovano di fronte a un prodotto a basso prezzo all’apparenza made in Italy. Tra questi, si stima, due prosciutti su tre. Ridotta la produzione del nostrano culatello di Zibello; della coppa piacentina; del San Daniele, del prosciutto di Parma. Risultato: 615 mila maiali in meno negli allevamenti nazionali. Si parla di 57 milioni di cosce di maiali straniere contro le nostre 24,5 milioni, stime del 2012.
Prodotti incriminati, oltre al prosciutto, i formaggi ottenuti da semilavorati, come cagliate, polvere di latte, caseine e caseinati importati, e non dal latte nazionale; derivati di origine animale, latte a lunga conservazione di cui si importano circa 2 milioni di tonnellate contro mezzo milione del nostro, qualcosa come tre cartoni su quattro.
Di questi prodotti, infatti, non è ancora obbligatorio indicare sull’etichetta la provenienza della materia prima. Ma, redarguisce la Coldiretti, non si pensi che ne siano immuni le carni di coniglio, pecora, capra o maiale dei supermercati.
Si tratta di concorrenza sleale.
Il formaggio più contraffatto è la mozzarella, sono straniere, infatti, circa la metà.
La richiesta? L’attuazione della legge sull’obbligo di tracciabilità attraverso l’etichetta per tutti gli alimenti.
Che almeno il consumatore lo sappia, se proprio vuole comprare i maiali del Montana. Altrimenti è truffa.
Hanno già avvelenato l’America. Pensano che ora tocchi a noi?
Giselda Campolo

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