venerdì 24 gennaio 2014

Il crollo della moneta turca fa tremare il sistema bancario globale per il rischio di un nuovo contagio. (Bruno Rosso)


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La sindrome greca torna a fare capolino tra le banche globali, stavolta, a correre il rischio di default è la Turchia e tenuto conto dell’ alto tasso di esposizione degli istituti di credito stranieri nel Paese, gli esperti temono i rischi di un nuovo contagio mondiale.
“Non c’è nessun legame tra crollo della lira turca e la politica di tapering intrapresa dalla Fed. Il crollo della valuta turca è solo ed esclusivamente legata alla situazione drammatica in cui versano le casse dello stato di Ankara”. 
 Nick Andrews, analista della società di ricerca americana GaveKal, ribatte così alle accuse lanciate ieri dal primo ministro turco, Tayyip Erdogan, che ha puntato il dito contro la Banca Centrale americana, ritenuta la vera responsabile della caduta, sul mercato valutario, della divisa del paese.  “La Turchia non ha mostrato nessun segnale di stabilizzazione. Negli ultimi anni le passività del paese si sono moltiplicate drasticamente con le banche estere che al momento mostrano un’esposizione nei confronti del paese che supera i 350 miliardi di dollari“, spiega l’esperto, evidenziando in questo modo i rischi di un contagio mondiale in caso di default del paese. “In un contesto poco rassicurante, caratterizzato dal deprezzamento della divisa, inflazione alle stelle e, non meno importante, fuga dei capitali – aggiunge Andrews – i politici stanno facendo poco o nulla per ridurre i rischi di default, evitando accuratamente la strada che i leader degli altri paesi emergenti hanno intrapreso, ovvero quella di alzare i tassi”.

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