FONTE: HESCATON.COM
Una rivolta è in fondo il linguaggio di chi non viene
ascoltato.
Martin
Luther King, Discorso a Birmingham, 1963.

Arriva il momento in cui un blogger deve riconoscere di aver
fatto un’analisi incompleta in uno dei suoi articoli. Ecco è arrivato questo
momento anche per noi.
Questo articolo vuole essere una parziale rettifica del
nostro precedente articolo: Italia – Rischio guerra civile. In esso scrivevamo
come in Italia esistesse un rischio guerra civile e che tra le possibili
scintille ci potesse essere l’arresto di Berlusconi o una deriva rivoluzionaria
di Grillo; in generale l’articolo rimane uno scenario possibile ma ora vogliamo
parzialmente rettificarci e dimostrare come in realtà, almeno nel breve
periodo, non ci sarà nessuna seria rivoluzione o guerra civile in Italia e
probabilmente anche nella maggior parte dei paesi europei.
Per quanto riguarda Berlusconi e Grillo, il primo a quanto
pare si è definitivamente arreso ai poteri forti ed ha rinunciato a combattere,
probabilmente farà gli arresti domiciliari o i servizi sociali. Il punto debole
di Berlusconi è paradossalmente la sua stessa ricchezza economica che lo porta
ad essere troppo ricattabile da parte delle banche, della magistratura e
dall’Europa. Quindi anche per salvare la sua famiglia è stato costretto a
lasciare il campo, dando spazio ad un lungo governo Letta.
A questo punto rimane Grillo e il Movimento Cinque Stelle.
Anche in questo caso, Grillo anche se in misura decisamente minore di
Berlusconi, è un milionario e non può rischiare troppo. Quindi a quanto pare
sembra che stia facendo come Bossi, tante parole violente e forti, ma nessun
atto concreto. Se Letta durerà cinque anni, certo il M5S potrebbe crescere nei
consensi essendo l’unica opposizione ma rischia anche di essere logorato oppure
che nasca qualche altra formazione politica. Quindi per quanto riguarda Grillo
sono due le cose: o ha paura di perdere quello che ha come Berlusconi oppure è
un’arma dei poteri forti e dell’eurocrazia per convogliare la rabbia popolare
attraverso il voto al posto di farla sfociare per le strade.
Detto questo, vogliamo però fare una dimostrazione generale
del perché gli Italiani non scendano in piazza anche spontaneamente contro un
governo che li sta facendo a pezzi. Tutti noi nei bar e nei mercati avremo
sentito almeno una volta qualcuno dire “ci vorrebbe una rivoluzione” ma anche
altri dire “incredibile che qui nessuno si ribella”. A nostro avviso il fatto
che non ci sia una seria ribellione in Italia è spiegabile in maniera
abbastanza razionale. Partiremo essenzialmente da un’analisi della popolazione
italiana.
POPOLAZIONE ITALIANA
POPOLAZIONE 0-14 ANNI: circa il 14%. Ovviamente non in grado
di ribellarsi
POPOLAZIONE PENSIONATA: circa il 23%. Questa parte di
popolazione risulta più conservatrice dal punto di vista politico e risulta
poco incline a ribellarsi sia per questioni fisiche sia perché la pensione
anche se in certi casi misera, risulta essere un sicuro reddito fisso.
POPOLAZIONE 15-29 ANNI: circa il 13,5%. In questa categoria
sono rappresentanti in massima parte gli studenti. Essi sono propensi a
ribellarsi e a manifestare, ma la maggior parte di loro non ha seri problemi di
sussistenza o gravi situazioni di povertà e quindi le rivolte non vanno oltre
la giornata e una limitata dose di violenza. In linea di massima questa fascia
di popolazione sta meglio dei loro padri ed è meno interessata alla politica rispetto
ad allora.
POPOLAZIONE OLTRE 30 ANNI, NON PENSIONATA: circa il 45,5%
Questa parte di popolazione in linea di massima soffre di meno della
disoccupazione e finché si ha un lavoro, difficilmente si scende in piazza in
maniera violenta. Da questa parte della popolazione ci si può aspettare rivolte
solo per interessi particolari e di categoria. Finché ha il proprio posto di
lavoro o alternativamente una qualche forma di reddito derivato da cassa
integrazione o disoccupazione, difficilmente sarà spinta a rivoltarsi
seriamente, ci si può aspettare solo atti sporadici.
POPOLAZIONE STRANIERA: circa 8-9%. Questa parte di
popolazione, essendo in gran parte di prima generazione, quindi non nati in
Italia, difficilmente si ribella sia per non rischiare un’espulsione sia perché
generalmente disinteressata alla politica interna del paese ospite, che risulta
spesso, anche se in crisi, in condizioni migliori del paese d’origine.
Ecco un’analisi demografica dell’Italia. I dati sono
approssimativi ma realistici. In linea di massima si nota come non ci sia una
fascia della popolazione che possa seriamente ribellarsi. Di solito questo
compito spetta ai più giovani, ma è sotto gli occhi di tutti che i giovani
italiani vivono nel benessere rispetto ai loro padri e nonni, e sopratutto sono
molto distratti dai media sulle questioni politiche e generalmente se ne
disinteressano del tutto. Dai giovani ci si può aspettare attualmente singole
giornate della rabbia, dove per perdere una lezione a scuola scendono in piazza
in massa e qualche gruppo di estremisti fa un po’ di danni in giro e lancia
qualche pietra contro la polizia ma nulla di più, per ora. Questo perché finché
i loro genitori li mantengono essi non vengono toccati seriamente da questa
grande crisi.
Potrebbero invece ribellarsi i loro genitori. Però il
problema è che il ceto medio italiano e forse anche quello europeo è
tendenzialmente individualista e scende in piazza solo per gli interessi di
categoria. Inoltre i media e i politici hanno fatto buon uso del “divide et
impera” di romana memoria,dividendo la popolazione tra dipendenti fannulloni e
assenteisti e imprenditori, commercianti e liberi professionisti ladri ed
evasori.
Ma facciamo un rapido confronto con paesi che si sono
ribellati recentemente come Egitto, Brasile o Turchia
Quello che si può immediatamente notare è la differenza che
esiste sul piano della diseguaglianza sociale. L’indice Gini misura questa
diseguaglianza ed è accompagnato dalla misura della percentuale di popolazione
sotto l’indice di povertà nazionale. Come si può notare i paesi che hanno
subito delle rivolte, hanno uno indice superiori a quello italiano (a parte
l’Egitto, ma il dato non è aggiornato da anni), e soprattutto quasi il doppio
della popolazione è sotto la soglia della povertà. Inoltre è ancora più
evidente come questi paesi più rivoluzionari abbiano una popolazione più
giovane e con meno persone anziane. Quindi si può dimostrare che combinando
diseguaglianze sociali con una grande popolazione giovane si hanno
potenzialmente le basi per possibili rivolte violente.
In Italia al contrario la popolazione è più vecchia e
generalmente appartiene in gran parte al ceto medio o al ceto medio-basso.
Invece in questi paesi il ceto medio è una minoranza. Quindi in Italia
probabilmente ancora per qualche anno non assisteremo a serie rivolte interne.
Solo se la recessione perdurasse ancora anni e coinvolgesse tutta l’Europa
portando quasi all’annientamento del ceto medio, potrebbe in tal caso
trascinare i giovani senza futuro assieme ai loro padri “falliti” da un sistema
dissestato come questo e quindi potrebbe innescare una nuova fase
rivoluzionaria o rivoltosa, ma prima l’Europa dovrà essere in macerie,
altrimenti non aspettatevi nessuna rivolta.
P.S: in altri paesi europei potremo invece assistere alle
rivolte delle minoranze straniere o di origine straniera, ghettizzate nelle
periferie e rimaste povere. Mi riferisco a nuove rivolte del genere in Francia
e nei paesi del Nord Europa. A nostro avviso questo non genererà uno scontro
con la popolazione autoctona se non marginale ma potrebbe favorire l’ascesa dei
partiti xenofobi e di politiche governative più repressive nei confronti degli
stranieri.
Fonte: www.hescaton.com
Link:
http://www.hescaton.com/wordpress/perche-in-italia-nessuno-si-ribella/
Nessun commento:
Posta un commento