lunedì 9 febbraio 2015

Risolto il mistero del crollo del prezzo del petrolio: manipolazione programmata


di Ulson Gunnar *
Chi se ne era sorpreso? I grandi network dei media (i mega media) di tutto il mondo occidentale si erano inventati diverse storie nel tentativo di spiegare perchè i prezzi del petrolio erano caduti in modo conveniente, giusto a tempo per esercitare pressione sulla Russia, sul Venezuela e sull’Iran e, nello stesso tempo, perchè la sovversione politica totale mascherata cercasse di ricorrere alla guerra totale ed altre misure che hanno fallito completamente nell’obiettivo di far valere gli interessi egemonici degli Stati Uniti in tutto il mondo.
La risposta ovvia era la manipolazione del mercatouna risposta che gli Stati Uniti ed altre fonti di notizie occidentali non volevano ammettere…….fino ad oggi.
Il “New York Times” in un suo articolo, “Il petrolio saudita viene visto come un appoggio contro il sostegno della Russia ad Assad in Siria, “finalmente si ammette che l’Arabia Saudita ha cercato di fare pressione sul presidente russo Vladimir Putin per farlo desistere dal suo sostegno fornito al presidente siriano Bashar al-Assad, utilizzando il suo dominio dei mercati mondiali del petrolio, in un momento in cui il governo russo si sta recuperando dagli effetti della caduta dei prezzi del petrolio”.

Tuttavia, nonostante questo briciolo di verità, naturalmente l’Arabia Saudita non ha fatto questa manovra di sua iniziativa, visto che l’Arabia Saudita non sta destabilizzando la Siria per proprio conto, o per i propri interessi. L’Arabia Saudita, mentre sta svolgendo un ruolo importante nella manipolazione dei prezzi mondiali del petrolio, è colpevole unicamente degli effetti visibili secondo la percezione pubblica. In realtà si sa che i prezzi mondiali del petrolio vengono manipolati su richiesta degli Stati Uniti non soltanto per rovesciare i governo della Siria o per fare pressione sull’Iran ma anche per attaccare la stessa Russia.
Il New York Times (uno dei megamedia del sistema USA) ci vuole far credere che l’Arabia Saudita stia manipolando i prezzi internazionali del petrolio per “portare la pace in Siria”, senza menzionare il ruolo che l’Arabia Saudita mantiene nell’appoggio ai miliziani jihadisti, fortemente armati, che si sono infiltrati nel paese trasformandolo in una zona di guerra, per iniziare. Il New York Times neppure menziona il fatto che, la prospettiva di pace che potrebbe risultare, dipende dalla possibilità che l’Arabia Saudita termini con il suo grande patrocinio statale del terrorismo internazionale.
Si stima che l’Arabia Saudita abbia già perso circa 39 milioni di dollari per la “causa della pace”. Per un regime che taglia le teste dei suoi oppositori politici in manifestazioni pubbliche finalizzate ad ispirare la paura medievale tra la sua gente, l’idea che gli sceicchi  siano disposti a perdere migliaia di milioni di dollari  nelle loro entrate del petrolio, per “promuovere la pace” in Siria, è chiaramente un assurdo, e propone seri dubbi circa la legittimità del NYT (uno dei megamedia più autorevoli).
President Barack Obama and Saudi Arabian King Abdullah
Il New York Times ha anche menzionato il ritorno della Crimea sotto la Russia ma rimane muto nel non menzionare la manipolazione del mercato del petrolio collegata con il conflitto in Ucraina. Tuttavia questa è realmente la chiave per comprendere la geopolitica globale e come si inserisce in questa la caduta del prezzo del petrolio.
Siria e Ucraina  sono questioni collegate ed il ruolo dell’Arabia Saudita ne l fare pressione sulla Russia in una questione che interessa un poco a Riad (Siria) ed un altra che non le interessa molto (Ucraina), dimostra come non si è spinta la politica estera di Ryad per i propri interessi nazionali, ma piuttosto per gli impegni presi come sembra con Washington e con Londra (impegni importanti che se non si rispettano potrebbero determinare con la caduta della dinastia dei Saud).
Il pubblico mondiale, invece di focalizzare l’attenzione  sull’Arabia Saudita e  sulle richieste di cui è l’unico responsabile,  per il fatto che i prezzi mondiali del petrolio si siano ridotti alla metà, nonostante che non ci siano stati cambiamenti percettibili nell’offerta e nella domanda, dovrebbe vedere che esiste  un gioco di confronto molto più ampio. Gli USA stanno utilizzando la loro vasta influenza sulle finanze, sull’energia, sui media ed in molti altri settori economici e politici  per fare una guerra a 360° a tutti coloro che resistono alla loro espansione egemonica a livello mondiale.
Altre agenzie di notizie hanno aiutato a inventare spiegazioni varie circa la caduta dei prezzi del petrolio, incluso il “Washington Post” (altro Megamedia) che ha affermato in un suo articolo che “il crollo dei prezzi del petrolio farà pressione sulla Russia, sull’Iran e sul Venezuela”, e che “il lato positivo della recente turbolenza dei mercati finanziari è stato la continua discesa del prezzo del petrolio, che ha perso all’incirca il 25% da Giugno. Oltre a creare un affare netto per i consumatori statunitensi- una analisi ha calcolato che il risparmio potrebbe arrivare a 600 $ per gallone- la caduta, se si mantiene, imporrà una pressione considerevole sui tre stati petroliferi problematici: la Russia, l’Iran ed il Venezuela. La politica estera aggressiva  anti americana, seguita da questi tre paesi negli ultimi anni, si è finanziata in gran parte con l’aumento delle entrate del petrolio”.
Il lato positivo? la cospirazione programmata? Il New York Times offre una luce che brilla attraverso l’analisi ventilata dal Washington Post, il quale conferma di fatto che si è trattato di una cospirazione programmata.
Cosa suggerisce questo, riguardo ai mercati mondiali dell’energia e del loro collegamento con vari temi sociopolitici come il dibattito sul cambiamento climatico, il picco dei prezzi che strangolano lo sviluppo a livello mondiale e le guerra lanciate per “ragioni umanitarie” contro le nazioni che, guarda caso, esportano il loro petrolio fuori di mercati controllati da Washington e da Londra? Dice molto e mette in evidenza che molte delle apparenze delle crociate sociali che hanno preso persone ben intenzionate, fanno in realtà il lavoro sporco per una delle industrie più perverse e distruttive della terra nella storia umana…..le grandi compagnie petrolifere.
Il regime saudita, alleato dell’Occidente, non durerebbero molto tempo senza la sicurezza interna ed esterna, e l’appoggio tanto militare quanto politico fornito loro dagli USA e dagli altri alleati per puntellare la loro monarchia petrolifera che in altro modo sarebbe alla bancarotta politica e morale. Nonostante che questo Stato adoperi la barbarie come una questione di politica nazionale che non si vede in altri paesi dall’Età Media, i capi di Stato e dignitari occidentali hanno attribuito al suo monarca elogi appassionati quando è morto, con Londra che è arrivata all’estremo di innalzare la sua bandiera nazionale a mezz’asta in onore del monarca defunto.
Mostrare rispetto in generale per gli altri, buoni o cattivi, non potrebbe essere tanto offensivo, se non fosse per il fatto che gli USA ed il Regno Unito minano e distruggono regolarmente i governi colpevoli di delitti molto meno gravi di quelli relazionati con la dinastia dei Saud.  Questo dimostra che la politica estera statunitense verso il resto delle nazioni non è determinata dagli obblighi morali o legali, ma piuttosto dall’utilità o dall’opposizione che ogni stato rappresenti per gli interessi e per  i disegni egemonici nella gestione delle ambizioni statunitensi all’estero.
Portando questo alla sua conclusione logica, gli USA , con  la loro  grande collezione di Stati clienti di tutto il mondo, stanno minando la Siria, stanno facendo la guerra economica contro la Russia,  stanno destabilizzando la Cina all’interno, mentre mandano fuori i loro investitori di qualsiasi paese in cui si trovano, non basandosi  su alcun imperativo morale ma specificamente dovuto alla assoluta assenza di ogni moralità. Capire questo ci fa vedere attraverso le diverse storie costantemente inventate che provengono dai media occidentali, incluso i miti sulla “miracolosa caduta” dei prezzi del petrolio e il suo “fortuito” e coincidente impatto che per caso mantiene verso tutti i presunti nemici degli Stati Uniti.
Incluso il Washington Post ammette che realmente non c’è relazione tra il Venezuela, l’Iran e la Russia, ad eccezione delle affermazioni che ciascuno di loro è uno stato “autocratico” ed “anti statunitense”. Il vero denominatore comune è la loro  rispettiva resistenza all’egemonia degli Stati uniti nelle varie regioni del mondo.
Nonostante che si siano inventate molte ragioni per spiegare la conveniente caduta dei prezzi del petrolio, possiamo vedere una volta di più che, quando si sviluppano questi avvenimenti, la prima domanda che dobbiamo farci per identificarne gli autori è “a beneficio di chi?” Se quelli del Washington Post avessero adempiuto con il loro dovere come giornalisti e si fossero fatti questa domanda , i lettori di tutto il mondo non avrebbero aspettato mesi per finalmente scoprire la verità della causa della caduta dei prezzi del petrolio. La risposta era semplice ma veniva ridicolizzata come “propaganda del Kremlino” nel suo momento, che , naturalmente adesso si ammette totalmente il fatto che si tratta di macchinazioni portate a compimento dai nemici della Russia.
La lezione è stata appresa? Aspettiamo che la prossima volta in cui la fortuna economica nei mercati o un atto terrorista benefici “per caso” gli Stati Uniti ed i suoi soci in tutto il mondo, che la gente realizzi la sua più accurata verifica e appunti i suoi sospetti in coloro che possano beneficiarsi di più da tali azioni.
* Ulson Gunnar, è un analista geopolitico con sede in Nuova York e scrittore della rivista online “Nueva Perspectiva del Este“.
Fonte: Journal-neo
Traduzione: Luciano lago

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