venerdì 30 gennaio 2015

SILVIO VENDE TUTTO

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Clamoroso in casa Berlusconi: “Bisogna vendere tutto. Televisioni, calcio, editoria. È finita”

Il retroscena sta facendo tremare i palazzi: quelli della politica, che si ritroverebbero a fare i conti con un Berlusconi poco ricattabile; e quelli della finanza, che con i saldi di Silvio andrebbero a nozze.

 Ecco cosa sta succedendo in quel di Arcore, rivelato in esclusiva dall’informatissimo Dagospia.

(O meglio: affidato a Dagospia perché lo facesse sapere a mezzo mondo ;-) N.D.R.)
 “Cara Marina, non è questione di investire altri soldi su Mondadori, qui il discorso è diverso: dobbiamo entrare nell’ordine di idee di vendere, vendere tutto”.
Parole e musica, amare, di un pianista abilissimo come Fedele Confalonieri, da oltre mezzo secolo al fianco di papà Silvio. Entrambi sanno che il meglio del Biscione è alle loro spalle e lunedì, nella tradizionale cena dei fedelissimi, non ne hanno fatto mistero ai figli Marina e Pier Silvio.

L’INCONFESSABILE PIANO DI VENDERE TUTTO

Vendere, vendere tutto. È il nuovo mantra inconfessabile. Che verrà ovviamente smentito perché non c’è buon venditore che non debba farlo, per evitare che qualcuno possa pensare a una stagione di saldi della quale approfittare. Il ragionamento del presidente di Mediaset è, come sempre, di grande buon senso e parte da una considerazione. Il patriarca Silvio va per gli ottanta e non è eterno. Già oggi fatica molto a difendere le sue aziende e deve ingoiare tanti bocconi sull’altare del patto con Renzie per garantire a Mediaset una dignitosa sopravvivenza su un mercato in calo come quello della tv generalista. Ma ancora fino a qualche tempo fa bastava una telefonata di Silvio a un grosso inserzionista pubblicitario per sistemare le cose con le reti Mediaset. Oggi è sempre meno così. Berlusconi conta meno. E un domani, senza Silvio e Fidel, sarà ancora più dura.
Tutto sommato, in questi tre anni e mezzo di traversata nel deserto dopo la caduta del governo Berlusconi, le cose sono andate più che decentemente. Il tiolo Mediaset, che nel pieno della crisi del novembre 2011 stava a 1,91 euro, oggi vale il doppio e Mediaset capitalizza in Borsa 4,6 miliardi di euro. Tenendo presente che Fininvest ne controlla il 40%, la quota della famiglia Berlusconi vale 1,8 miliardi.
Nei prossimi tre anni, Mediaset dovrà fare i conti con la crescente concorrenza di Sky sul digitale terrestre, con il continuo calo della pubblicità e con la necessità di sborsare 700 milioni per i diritti della Champions League che Mediaset Premium ha conquistato (con la prospettiva, per Premium, di andare in pareggio non prima di tre anni). Nascono anche da qui le voci su una fusione tra Mediaset Premium e Sky, rilanciate da questo sito martedì scorso, smentite da Mediaset mercoledì, ma riprese e amplificate venerdì da un uomo di cerniera tra Murdoch e Berlusconi come il finanziere franco-tunisino Tarak Ben Ammar, per il quale una fusione “sarebbe positiva per tutti”.

QUALE FUTURO PER IL GRUPPO FININVEST?

Se il progetto è addirittura quello di vendere tutta Mediaset, c’è un numero che non va dimenticato e deve far riflettere. La partecipazione di Fininvest in Mediolanum – che invece non è in discussione nonostante un obbligo provvisorio di discesa per la condanna del Cavaliere – vale 1,57 miliardi di euro, ovvero appena 270 milioni meno di quella in Mediaset. Visto che Mediolanum dà anche buoni utili, il Berlusconi imprenditore giustamente si chiede se non convenga fare il banchiere, con molta minor fatica, che non l’impresario tv che gioca eternamente in difesa e deve tenere su un carrozzone politico.
Lo stesso discorso vale per la Mondadori, affidata alla figlia Marina, che combatte contro la crisi generale dell’editoria di carta. Fininvest ne controlla il 50% e la sua quota, ai valori di Borsa correnti, vale la miseria di 110 milioni. Se si prende il pacchetto del 2% che Fininvest detiene nel capitale di Mediobanca, si scoprirà che vale di più: 120 milioni. Anche qui, fare l’investitore finanziario dà più soddisfazioni e presenta meno rischi che non gestire gruppi complicati come Mondadori.
Insomma, per Fininvest, un futuro più finanziario e meno industriale ha assolutamente senso. E in questa stagione si spiegano il passo indietro prossimo venturo sul “Foglio”, piccolo business in perdita che non può più ripagarsi con i sussidi pubblici, e la ricerca di un compratore per il Milan. Il “Secolo XIX”, mercoledì, ha scritto che Berlusconi ha annunciato la vendita della squadra rossonera ai figli (quelli di primo letto sono favorevoli, Barbara ovviamente meno) e ha parlato di un prezzo fissato intorno al mezzo miliardo. Anche qui è arrivata subito la smentita di Arcore, ma poi è passato il solito Ben Ammar il quale ha detto che forse si cerca almeno un socio.
Molti di questi discorsi forse sono prematuri. Forse. Ma il fatto che Confalonieri abbia indicato la rotta delle dismissioni è un segno dei tempi. Berlusconi non tornerà al potere tanto facilmente e se dieci anni fa era l’italiano più ricco del mondo con 12 miliardi di dollari di patrimonio personale (classifica Forbes), oggi sta in settima posizione con 6,2 miliardi. Soprattutto, sono passati dieci anni e il Cavaliere ha compiuto 78 anni, mentre il fido Confalonieri ne ha fatti 77. Due così, probabilmente, pensano di non avere dei veri eredi.

I RETROSCENA CENSURATI SUL GRUPPO FININVEST – GUARDA IL VIDEO

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