martedì 23 dicembre 2014

''SORPRESA'' ISTAT: COSTO DEL LAVORO IN ITALIA PIU' BASSO DELLA MEDIA UE INCLUSI ANCHE GLI ONERI SOCIALI (JOBS ACT BUFALA)

''SORPRESA'' ISTAT: COSTO DEL LAVORO IN ITALIA PIU' BASSO DELLA MEDIA UE INCLUSI ANCHE GLI ONERI SOCIALI (JOBS ACT BUFALA)


Il costo del laoro in Italia è "troppo alto" e per conseguenza il Jobs Act era "indispensabile"? Neanche per idea.
L'Italia è sotto la media dell'eurozona sia in fatto di salari che di costo del lavoro in generale. A dirlo sono i numeri dell'Istat, che fotografa la situazione al 2012, e dato che nessun contratto di lavoro è stato rinnovato, ne consegue che nel 2014 - oggi - è stato eroso anche dall'inflazione, per debole che sia, per non meno di un aggiuntivo 3%.

Veniamo ai dati. La retribuzione lorda per ora lavorata, la misura base del valore della prestazione, da noi e' pari a 19,9 euro. Cio' significa che un lavoratore tipo viene pagato in Italia meno di 20 euro ogni 60 minuti, contro i 21,2 della media dell'unione monetaria.
Quasi tutti i principali stati europei si mostrano piu' generosi, con in testa alla classifica la Danimarca (34,2 euro) e il Belgio (27,5). Appena fuori dal podio l'Irlanda, l'Olanda e la Germania. L'Italia viene anche superata dalla Francia.
In fondo alla graduatoria le 'economicissime' Bulgaria (2,9 euro) e Romania (3,2 euro). Grosso modo gli stessi divari si ritrovano guardando al costo del lavoro in senso lato( 27,5 euro contro 28,4 di Eurolandia).
Valore comprensivo non solo delle retribuzioni ma anche dei contributi sociali.
Una voce quest'ultima che da sola in Italia si mangia oltre un quarto delle spese sostenute dal datore, imprenditore o ente pubblico che sia.
Passando dai calcoli basati sulle ore lavorate a quelli che coprono un intero anno,  al 2012, emerge come ogni dipendente costi poco piu' di 41 mila euro. Tuttavia nelle tasche dei lavoratori ne arrivano 'solo' 29,9 mila. D'altra parte oltre un quarto, il 27,3%, va a finire nella voce 'contributi sociali', dove la fanno da padrone quelli obbligatori.
Di certo non incidono sulla quota 'contributi', quota stavolta superiore alla media dell'eurozona, le spese per formazione, limitate allo 0,2%. Piu' consistente e' invece la fetta destinata al Trattamento di fine rapporto (3,9%). L'Istat nel report sulla 'Struttura del costo del lavoro in Italia' fa anche sapere che una parte del Tfr, non maggioritaria ma neppure trascurabile, pari al 28,8%, sia versata in fondi di previdenza complementare, almeno stando al settore privato.
Quindi, riassumendo: NON serve alcuna RIFORMA del Lavoro, perchè già oggi il costo del lavoro in Italia è competitivo con quello della Germania e della Francia, le uniche due economie forti e paragonabili - produttivamente parlando - con quella italiana, almeno fino al 2012. Il Jobs Act, allora, è una colossale presa in giro. 
Redazione Milano. 
www.ilnord.it

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