mercoledì 12 novembre 2014

Ecco il cerotto High-Tech: prove tecniche di microchip sottocutaneo?


L'intento è nobile e capace di riscuotere consenso da parte dell'opinione pubblica: monitorare i viaggiatori in casi di emergenze come Ebola o Aviaria. Nonostante i migliori auspici, c'è qualcuno che teme che si tratti di una prova tecnica di fascinazione per convincere, gradualmente, la popolazione mondiale ad accettare il microchip sottocutaneo. Molti sentono puzza di: problema-reazione-soluzione!
I teorici del complotto sono convinti che i poteri occulti che muovono le fila dello scenario politico-economico-sociale del pianeta si servano di uno schema molto semplice per realizzare i loro piani: creazione di un problema, causare una reazione, proporre una soluzione.

Con questo semplice modello persuasivo, i poteri occulti non avrebbero bisogno di imporre la loro visione della società, ma plasmerebbero le coscienze dei popoli spingendoli addirittura ad invocare questa visione.


Facciamo un esempio: mettiamo che io voglio andare nel paese “Petrolandia” a depredare i pozzi di petrolio dei petrolandesi. Se mando i militari di sana pianta ad occupare il paese, l’opinione pubblica sarà certamente contraria. Come persuaderla?

Dunque, potrei creare un terrorista con sede organizzativa in Petrolandia, oppure demonizzarne il leader come il male assoluto. Poi, organizzo un falso attentato nel mio paese, attribuendo ogni colpa al terrorista o leader petrolandese. Inoltre, grazie al fatto che controllo tutti i media, fomento l’onda di indignazione convincendo i miei cittadini che la soluzione migliore è “portare la democrazia in Petrolandia”, occupando il paese e uccidendone il leader. Facile!

E se volessi impiantare un microchip sottocutaneo alla mia popolazione? Come potrei fare? Semplice, userei anche qui lo schema problema-reazione-soluzione!



Come riporta la Repubblica, arriva dall’Italia il cerotto che misura la febbre e trasmette i dati a distanza: è trasparente, funziona senza batteria, e potrebbe essere usato negli aeroporti in casi di emergenze come l’Ebola o l’aviaria.

È stato messo a punto dal gruppo coordinato da Gaetano Marrocco dell’università di Roma Tor Vergata.

Sperimentato nell’attività sportiva per valutare l’incremento di temperatura durante lo sforzo fisico, il dispositivo è ora in fase di perfezionamento ed è basato sulla tecnologia di identificazione a radiofrequenza (rfid): come quella antitaccheggio usata nei libri e nelle etichette dei vestiti.

”Sarebbe possibile immaginare di equipaggiare i passeggeri negli aeroporti con il sensore epidermico – osserva Marrocco – e controllare poi la loro temperatura nei vari momenti di transito, per esempio durante gli usuali controlli di sicurezza senza insormontabili cambiamenti alle procedure già esistenti”.

Il sensore di temperatura integrato nel microchip presente nel dispositivo rivela variazioni di un quarto di grado fino a 65 gradi. Il cerotto, che è resistente all’acqua e traspirante, si può applicare, per esempio, sul braccio e non è sempre attivo: entra in funzione quando si trova in un campo elettromagnetico e invia informazioni solo se interrogato.

L’antenna, presente nel cerotto, raccoglie l’energia elettromagnetica necessaria ad alimentare il microchip che si accende e, a comando, esegue una lettura della temperatura del corpo e trasmette il dato verso un dispositivo interrogante fino alla distanza di due metri. Quest’ultimo può essere un lettore portatile, grande quanto un portachiavi, oppure un varco simile a quelli che si trovano nei negozi per il controllo degli oggetti acquistati.
”Negli ospedali e nei centri di soccorso da campo – rileva Marrocco – le unità di lettura potrebbero essere installate nelle porte di accesso dei vari locali in modo da monitorare lo stato di salute di medici e infermieri che interagiscono con pazienti già contagiati, individuando e isolando situazioni critiche che richiedano maggiori approfondimenti”.
Ecco lo schema. Problema: Ebola! Reazione: paura dell’infezione. Soluzione: un microchip da applicare sulla pelle. Quando ci si renderà conto che il sistema funzione, perché non proporre di inserirlo direttamente sotto pelle?

Fantascienza? Probabile… in fondo, siamo solo dei poveri complottisti.


fonte: http://www.ilnavigatorecurioso.it/2014/11/06/ecco-il-cerotto-high-tech-prove-tecniche-di-microchip-sottocutaneo/

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