domenica 28 settembre 2014

ALTROCONSUMO – Cosa c’è dentro la farina? Meglio saperlo

zzz.DA ALTROCONSUMO
Sembra un prodotto semplice, ma in realtà la farina è un ingrediente complesso. Come le ultime farine lanciate da Garofalo, che ci hanno incuriosito perché indicano la “forza” e si dichiarano “senza additivi”. Se pensi che siano tutte uguali ti sbagli: ecco cosa devi sapere prima di comprare la farina.

Sei sicuro che la farina sia un prodotto semplice? E che, se esiste qualche differenza tra i prodotti, dipende più che altro dal grado di raffinazione (nel caso specifico del grano tenero, viene indicata con i numeri 00, 0, 1, 2 oppure con la parola “integrale”)? In realtà le cose sono più complicate e non sempre le diverse qualità e i diversi usi delle farine vengono evidenziate nelle confezioni.

NON TUTTE SONO FORTI

Per esempio, la “forza” della farina, cioè la capacità dell’impasto a resistere all’aria che si forma durante la lievitazione, può essere molto diversa tra una marca e l’altra, modificando non poco il risultato delle tue ricette. La forza è un indice globale di comportamento della farina che viene indicato con la lettera W: più un prodotto richiede lievitazioni lunghe più serve una farina con un W elevato, in modo da trattenere meglio l’anidride carbonica prodotta nella fermentazione. Il glutine è in grado di assorbire acqua, quindi più è forte la farina e più è alta la sua idratazione. Si passa da un’idratazione inferiore al 50% per le farine da biscotti sino a valori superiori al 70% per farine forti. Secondo la classificazione Italmopa, l’Associazione industriali mugnai d’Italia,  farine con W tra 115 e 160 sono dette “biscottiere”, hanno un basso contenuto proteico e sono consigliate per preparare biscotti secchi o gallette. Frumento con W compreso tra 160 e 220 è chiamato “panificabile”, ha una forza media ed è usato per pane, pizze, focacce e per impasti con lievitazioni brevi. Tra 220 e 300, viene definito “frumento panificabile superiore”, mentre oltre questo valore, cioè con W 300 e oltre, si tratta di farine “di forza” che vengono usate per prodotti a lunga lievitazione come panettoni, brioches e croissant. La farina Manitoba, che deve il suo nome al frumento originario di quella regione del Canada ma ormai coltivato anche in Europa, è una farina con W superiore a 300.

ADDITIVI: QUALI?

Non sempre un determinato tipo di grano o anche una miscela di grani diversi possono garantire una farina che abbia delle caratteristiche precise: è in quel caso che entrano in gioco gli additivi o altri ingredienti aggiunti chiamati anche “miglioratori”. La legge italiana concede l’uso di determinati additivi per dare alla farina una migliore consistenza e per migliorarne la resa durante la lievitazione (soprattutto se la farina non è di qualità eccellente: se presenti devono sempre essere indicati nelle etichette delle confezioni di farina, mentre possono essere omessi nella lista degli ingredienti del pane, in cui comparirà solo l’indicazione “farina”. Non sono dannosi per la salute (in merito puoi anche consultare la nostra banca dati additivi), ma se gli ingredienti sono di qualità, i miglioranti sono inutili, perciò a nostro parere non dovrebbero essere utilizzati (come ci tiene a dichiarare la nuova farina Garofalo).

CHE TIPO DI ADDITIVI VENGONO USATI NELLE FARINE?

Gli additivi che per legge possono essere aggiunti alle farine sono l’acido ascorbico (E300), la L-cisteina (E920) e l’acido fosforico e i suoi fosfati (E338 – E452). Questi additivi aumentano la forza della farina (vitamina C) o la diminuiscono (cisteina), mentre l’acido fosforico è usato come agente lievitante).
La funzione miglioratrice può essere data anche da altri ingredienti, come il malto o farna maltata e glutine: il primo velocizza la lievitazione, il secondo aumenta la forza. Sia gli additivi sia i miglioratori, se presenti, devono essere indicati in etichetta.

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