martedì 1 aprile 2014

MARCEGAGLIA: INQUINATORI E TRUFFATORI. MA VENDOLA LASCIA CORRERE IL PROFITTO INVECE DI TUTELARE LA SALUTE




di Gianni Lannes

Rifiuti e inceneritori: veleni cancerogeni dispersi nell’aria e soldoni pubblici. C’è una sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee che fa giurisprudenza nel vecchio continente (Italia compresa) dal 23 novembre 2006 (causa -486/04). E riguarda l'inceneritore Marcegaglia a Massafra, in provincia di Taranto.



La Commissione europea ha spalancato contro l’Italia numerose procedure di infrazione in materia di rifiuti. E la responsabilità è dell’esecutivo Vendola in poltrona dal 2005. Il governo di Bruxelles, infatti, ritiene che l' Italia «non si sia pienamente conformata ad una sentenza di condanna della Corte di giustizia europea per non aver effettuato la valutazione dell' impatto ambientale di un nuovo inceneritore di rifiuti a Massafra». Ma di chi è questo impianto di morte? Scontato: di Marcegaglia & soci.
La direttiva europea in questione impone infatti agli Stati membri di effettuare una valutazione di impatto ambientale di taluni tipi di progetti di sviluppo che potrebbero avere conseguenze significative sull' ambiente, prima di autorizzarne la realizzazione. Non solo: gli Stati membri devono consultare l' opinione pubblica in proposito, e tenere conto dei risultati della consultazione prima di adottare una decisione definitiva. Nel caso dell' inceneritore di Massafra - spiegano da Bruxelles - «una prima causa promossa dalla Commissione europea nel novembre 2006 si era conclusa con la condanna dell' Italia per violazione della direttiva sull' impatto ambientale». Nel frattempo è stata però avviata una valutazione dell' impatto a posteriori dell' inceneritore che, tuttavia, «non garantisce - dicono i tecnici europeo - un' efficace consultazione dell' opinione pubblica, come richiesto dalla direttiva europea».  

Non contenta la Regione Puglia ha concesso un ampliamento dell’inceneritore a Massafra: una zona che il Governo nazionale nel 1998 ha dichiarato area a rischio ambientale. Da allora il risanamento attende beato, mentre i malati di cancro aumentano sempre più.

Ma allora, come è possibile che sia lo Stato italiano che l’Unione europea elargiscono quattrini pubblici a pericolosi recidivi? Si tratta di fondi Cipe: ben 15 milioni e 162 mila euro per impiantare illegalmente nella Daunia un altro inceneritore. Ed altri 10 milioni di euro (fondi Por Puglia) per l’annessa fabbrica di ecoballe. Addirittura il governatore di Terlizzi ripete l’inverosimile ritornello di non essere responsabile della situazione.

Qualche esempio istruttivo. Il 19 marzo 1999 l'ETA con sede a Crotone facente capo al gruppo Marcegaglia, ha sottoscritto il secondo protocollo aggiuntivo del Contratto d'Area, per la realizzazione di un impianto a biomasse. In realtà la prima richiesta marcegagliana risale al 30 giugno 1995, con l'intento di mettere in funzione una centrale a biomasse presso lo stabilimento Enichem. Quell'iniziativa ottenne addirittura i pareri favorevoli dei minsitri dell'Ambiente e della Sanità in data 3 giugno 1997, dalla regione  Puglia il 15 luglio '97 e l'autorizzazione da parte del ministero dell'Industria il 12 dicembre 1997. Svanita a seguito di proteste popolari questa localizzazione, il 5 agosto '98 la ditta Eta (all'epoca una srl) chiede una nuovo sito in contrada Pedicagnola, a circa 6 chilometri da Manfredonia. Questa richiesta fu respinta dal consiglio comunale con delibera 97, il 17 novembre 1999. Nel 2002 l'ultima proposta, ai confini comunali con Foggia, Carapelle e Cerignola, ma soprattutto ad un soffio dalle borgate agricole di Tressanti e Mezzanone, nel cuore del Tavoliere. Nel 2001 l'Edilmag del costruttore edile Rotice aveva provveduto con due atti di compravendita ad acquistare i terreni (rogito notaio Rizzo Corallo), poi venduti ai Marcegaglia nel 2004. Nel 2003, data dell'accordo di programma con la regione Puglia, i Marcegaglia non erano ancora proprieri di alcun suolo.

La concessione edilizia è datata 5 agosto 2005. Ma i lavori sono stati avviati soltanto nel gennaio 2010, come da certificazione ufficiale del comune di Manfredonia. Eppure l'accordo di programma tra Regione Puglia e comune di Manfredonia, suggerito ed ispirato da una lettera al sindaco Campo a firma di Antonio Marcegaglia, al punto 7 stabilisce inderogabilmente: "Nell'eventualità che il soggetto proponente, o chiunque per esso, non stipuli la successiva convenzione con il Comune o l'intervento non venga, per qualunque ragione realizzato, il presente accordo si intenderà risolto di pieno diritto". Infatti la Convenzione nel 2004 tra comune e ditta Eta, aveva stabilito un termine perentorio di 1 anno, pena la decadenza del diritto a  edificare. 


Nel febbraio 2007 una pattuglia dei vigili urbani fa un sopralluogo e redige un rapporto illuminante con annessa documentazione fotografica del sito. Del cantiere non vi è ancora traccia.





Inoltre, come è noto, l'accordo di programma è regolamentato sia dal decreto legislativo 267/2000 che da due normative regionali (Legge 34/'94 e legge 8/98). Ergo, a prescindere dallo scaricabarile di Vendola in merito, la competenza è prevalentemente  regionale.




L'ecologista Nichi avrebbe potuto archiviare i Marcegaglia e chiedere pure i danni. Piuttosto Vendola ha preferito lasciar correre il mero profitto. Ora lui e tutti gli altri dovranno vedersela con i giudici italiani ed europei, ma soprattutto con la giusta indignazione del popolo Dauno. Il dossier Svendola Puglia è pronto.



Nessun commento:

Posta un commento