giovedì 10 aprile 2014

LE TORTURE DEI MILITARI ITALIANI ALL'ESTERO


ITALIANI BRAVA GENTE?

Racconto choc a "Le Iene"

Un militare racconta: "Gli italiani torturavano a Nassiriya"
Il racconto choc al programma tv "Le Iene" di un militare che nel 2003 si trovava nella base di White Horse. L'uomo parla di violenze e torture sui prigionieri interrogati dai soldati italiani durante la missione in Iraq.
Roma 10 aprile 2014Prigionieri torturati, con la testa incappucciata e le mani legate con fascette da elettricista, che venivano sistematicamente malmenati in un crescendo di violenze, passando da una camera alla successiva finchè non parlavano. E' quello che accadeva nella missione militare italiana a Nassiriya, in Iraq, secondo il racconto di un militare al programma tv 'Le iene'. A più di 10 anni dalla strage che costò la vita a 19 italiani (tra civili e militari) e 9 iracheni, queste testimonianze potrebbero costringere a rivedere gli scenari sulla presenza italiana in Iraq. Gia la settimana scorsa, lo stesso programma aveva mandato in onda un servizio in cui un ex militare aveva raccontato al giornalista Luigi Pelazza delle presunte torture che sarebbero avvenute durante la missione in Iraq nel 2003. Questa volta lo stesso Pelazza ha incontrato un altro militare, che ha raccontato nuovi dettagli.

Il racconto choc
Nel 2003 si trovava nella base di White Horse. La faccia fuori fuoco, la voce camuffata, il militare non sa di essere ripreso. Nella base si facevano interrogatori "un po' particolari", spiega. "Gente incappucciata, legata con le mani dietro con le fascette... questo facevate lì dentro?", chiede il cronista. "Chi di dovere lo faceva", "dovevi farli parlare", è la risposta. Chi prendeva queste persone? "Il Sismi". Per quanti giorni erano trattenuti? "Dipende, non c'era un tempo... c'era gente che parlava immediatamente, c'era gente a cui piaceva prendere i colpi".

Il filmato
Il militare mostra quindi un filmato che sostiene di aver girato all'interno di una tenda militare italiana a Nassiriya. Nel video si vedono chiaramente le mani dei detenuti legate con delle fascette da elettricista, una grossa benda verde sugli occhi, la testa abbassata. Poi disegna su un pezzo di carta la disposizione delle aree di una struttura di reclusione dove, dice, sarebbero stati rinchiusi gli iracheni, prima di entrare in quella che definisce "la casa", per essere interrogati. "Loro stavano qua, allo stato brado", dice. Insomma chiarisce il cronista, tra gli escrementi. E per mangiare e bere? "Io non gliel'ho mai portato". Il militare cita un sergente (oggi, precisa, diventato sergente maggiore) specializzato in alcune tecniche di tortura, come quelle con gli elettrodi. Aggiunge poi che i prigionieri durante gli interrogatori venivano "incatenati a testa in giù".

I caschi blu in Somalia e le accuse di torture
Nel 1997 alcuni militari italiani impegnati in missione di pace  in Somalia furono accusati di violenze e stupri sui somali. A distanza di anni, un'inchiesta indagò sugli abusi. Il maresciallo della Folgore, Valerio Ercole, nel 1997, subì un processo per aver praticato la tortura, ma fu assolto dalla Corte d’Appello di Firenze, per prescrizione. La difesa degli altri militari processati fu motivata dalla brutalità della situazione in cui erano costretti ad operare. La missione italiana in Somalia sotto l'egida dell'Onu, denominata 'Ibis'(cominciata il 13 Dicembre 1992 e conclusa il 21 marzo 1994) fu condotta dai parà della Folgore. Durante l'operazione di pace furono uccisi undici soldati italiani (luglio 1993), la giornalista Ilaria Alpi e il telecineoperatore Miran Hrovatin (marzo 1994). 

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