martedì 1 ottobre 2013

VAJONT, LA FRANA FU UN DISASTRO ARCHITETTATO.. RIVELAZIONI DELLA FIGLIA DEL NOTAIO TESTIMONE DI CONVERSAZIONE SCONVOLGENTE


di Lauredana Marsiglia


«Facciamolo il 9 ottobre, verso le 9-10 di sera, saranno tutti davanti alla tivù
e non ci disturberanno, non se ne accorgeranno nemmeno.
Avvisare la popolazione? Per carità. Non creiamo allarmismi.
Abbiamo fatto le prove a Nove, le onde saranno alte al massimo 30 metri,
non accadrà niente e comunque per quei quattro montanari in giro per i
boschi non è il caso di preoccuparsi troppo».

La sconvolgente conversazione tra dirigenti della Sade, sarebbe avvenuta,
più o meno con queste parole, nell’ufficio di Longarone dell’allora notaio
Isidoro Chiarelli. Dovevano firmare un atto relativo all’acquisto di un terreno.
Poi un avvertimento: «Lei ha un segreto professionale da rispettare
- aggiunsero -, altrimenti se ne pentirà».

A mezzo secolo dall’onda maledetta, che non fu alta trenta metri bensì 300,
Francesca, figlia minore del notaio, scomparso nel 2004, mette sul piatto
una verità che, all’epoca, aggiunge la sorella Silvia, docente universitaria
a Padova, «costò alla famiglia l’isolamento dalla Belluno che conta.
Ma nostro padre, anche se per quasi due anni non lavorò più, schivato da tutti, non smise mai di farsi testimone di quelle parole. Per questo ebbe molti
problemi, pressioni e minacce. Il suo grande cruccio fu quello di non essere
mai creduto, nemmeno nella sua veste "certificante" di notaio».

«La sera del disastro programmato - prosegue - mio padre ci fece stare pronti.
Eravamo vestiti di tutto punto, pronti a scappare». E l’onda scese. Con soli 39
minuti di ritardo rispetto all’ora indicata dai dirigenti Sade: erano infatti le 22.39.

La prevalenza della popolazione era chiusa in casa a guardare la partita e questo,
secondo la Sade, sarebbe stata una garanzia di tranquillità per eseguire la
manovra di far scendere quella maledetta frana che pesava come un macigno
sul valore dell’opera, destinata ad essere venduta all’Enel. I modelli di studio
effettuati a Nove indicavano infatti che l’onda sarebbe stata alta una trentina di
metri. Che mai avrebbe potuto fare uno spruzzo simile?
Ma perché raccontare tutto questo solo ora?
«Mio padre ci provò in tutti i modi - prosegue Francesca -, ma non ebbe ascolto.
Parlarne oggi, in cui l’attenzione mediatica è forte, per l’imminente cinquantesimo,
non può che rendere onore al coraggio di nostro padre. E poi basta parlare di
disgrazia: nostro padre lo chiamava eccidio».


FONTE: http://www.ilgazzettino.it/nordest/belluno/vajont_denuncia_choc_frana_pilotata_cera_un_piano_
per_farla_cadere/notizie/332286.shtml

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